Ormai era radice
R.M. Rilke
#territorial pissings
La primavera è verde e temperata. La stanza è sempre luminosa. Hai sei anni, ne hai tredici, poi sono ventidue. Non hai ricordi di pezzi della tua vita. Salti l’adolescenza perché esiste solo come concetto. C’è chi ricorda con esattezza – profumi, forme, sensazioni – e a te capita di pensare che il ricordo esatto spetti a chi ha vissuto quel momento cristallizzandolo. Non sbiadisce perché è fermo.
C’è chi dice che le ossessioni siano poche, pochissime. Che sei agito da una forza misteriosa che ti interroga, ma che la domanda è solo una anche se hai la sensazione che le domande esplodano, che la tua testa si riempia di frasi, e parole, e lettere, e occlusive, e fricative, canzoni, fiori, salotti, bilabiali, palatali e cose e ancora cose. Ma il tuo cosmo risponde a una sola domanda. E l’infanzia è la domanda che si ripete, sempre uguale.
Quando ti sposti nel cervello, la ricerca di punti fermi diventa un modo per costruire una mappa. Le mappe sono rappresentazioni della realtà. I tuoi punti fermi diventano la tua realtà.
Lei scrive sul quaderno e lo rilegge. Le scelte sintattiche sono quasi inalterate. Il lessico si rafforza, il tono diventa più netto, forse più denso, perché la rabbia, è la rabbia il tratto di cui si ha bisogno.
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