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Quando progettiamo un viaggio vogliamo che sia tutto a regola d’arte. Ne calcoliamo il tragitto, le fermate, gli scali, le tempistiche. Muoversi da un punto A verso un punto B è, nella mente di chi prepara lo spostamento, un’operazione che non ammette errori. Eppure sbagliare direzione, uscire fuori dalla rotta prestabilita o imboccare una strada non battuta resta una possibilità e, anzi, quando accade può aprire le porte a nuovi orizzonti.

Questo avviene anche in letteratura: dai Nostoi greci a Kipling la possibilità di perdersi nel mezzo di un’avventura è parte fondamentale dell’avventura stessa. Nelle storie che amiamo raccontarci ci piace perdere la bussola spaziale e mentale, come avviene ad esempio in Tempo di Uccidere di Ennio Flaiano, dove basta una gomma forata per finire fuori strada.

Smarrita è anche la via (intesa come condizione esistenziale) del protagonista senza nome di Nostalgie della Terra di Mauro Tetti (Italo Svevo Editore).

Nato in un villaggio di pescatori, cresciuto dalla madre Aria che ogni giorno osserva il mare nella speranza di veder ritornare il marito, l’eroe del romanzo di Tetti si sente profondamente smarrito ed è alle prese con piccole nevrosi sopportate a fatica dalla sua compagna Naira. A tormentarlo di più ci sono le apparizioni dei suoi bisnonni Glauco e Maddalena, fantasmi che fin da bambino lo affliggono e che attraverso i sogni lo spingono a prendere la via del mare, alla ricerca di un tesoro maledetto.

Nel mare che poi l’autore porta in scena ci sono marinai che si ubriacano di sciroppo per la tosse, le isole sono anacronisticamente assediate sia dai militari tedeschi che dal reggaeton e le navi solcano i mari del tempo sotto un cielo di stelle che Tetti descrive nella loro ineluttabile entropia. In questo marasma, l’eroe senza nome si imbarca per fuggire da una condizione mentale opprimente che lo porta a sovrapporre per tutto il libro sogno e realtà, passato e presente, e viene lasciato da Naira con lo stesso anatema con cui Poseidone punisce Odisseo: «Spero che fai naufragio!»

Tendente alla fuga è anche Cesco Magetti, il giovane repubblichino di Asti protagonista del caso letterario dell’ultimo anno, Ferrovie del Messico di Gian Marco Griffi (Laurana).

Cesco fugge dalla famiglia, dalle cartoline d’amore della sua ragazza e soprattutto dai dentisti, nonostante viva quasi tutte le ottocento pagine del libro di Griffi con un mal di denti atroce. Ma non può scappare dal flagello che il suo creatore gli infligge, sotto forma di ordine impartito direttamente dai piani alti del regime nazista: redigere in una settimana una mappa dettagliata delle ferrovie del Messico. Un obbligo che, per una serie di vicissitudini, lo porterà ad avere a che fare con bibliotecarie folli, tombaroli scrittori, cartografi samoani e gerarchi nazisti appassionati di golf.

Sia in Ferrovie del Messico che in Nostalgie della Terra gli eroi protagonisti sono avventurieri loro malgrado, non cercano l’avventura ma sono trascinati dagli eventi, senza avere mai il controllo di quello che accade. Gli unici che sembrano vivere l’azione, in questi romanzi, sono coloro che incarnano la follia che manovra l’universo (ad esempio Tilde per Griffi, La Rondine per Tetti). La narrazione riflette questa mancanza di coordinate, nonostante i capitoli di entrambi i libri indichino di volta in volta la posizione geografica in cui si svolge l’azione, riempiendo bulimicamente le pagine di eventi secondari, invenzioni letterarie, differenti piani di realtà che collidono tra loro.

L’altro punto di contatto è nella centralità dell’oggetto-libro nella storia. In Nostalgie della Terra è il diario di viaggio della bisnonna Maddalena a permettere la navigazione della ciurma del protagonista, che ne ricalca il percorso. Sempre il diario di bordo costruisce la geografia della traversata marittima: nei resoconti della bisnonna, Tetti restituisce il carattere selvaggio e mitico che dà il nome alle varie isole che costeggiano la Sardegna, ne rivela la natura al tempo stesso vitale e terrorizzante; nel viaggio del protagonista, gli atolli sono ora conquistati dai militari, distrutti dalle bombe e spogliati della loro bellezza mitologica.

In Ferrovie del Messico il gioco di Griffi è più esplicito, post-moderno come il genere che omaggia e parodizza. La storia si articola grazie alla ricerca di un libro che può aiutare Cesco nella sua missione, testo che sembra passare di mano in mano all’infinito senza essere raggiungibile (un altro tesoro maledetto). Al tempo stesso, sono i libri a costituire le placche tettoniche che formano l’immaginario del romanzo: come nell’Ulisse di Joyce, ogni capitolo ha uno stile differente ed esibisce o cela un riferimento letterario (Bolano, Gadda, Ionesco, Vonnegut, Beckett, Ariosto, Topolino, Luciano di Samosata) che fa da tassello al mosaico.

Entrambi i romanzi si poggiano, nella costruzione dei loro mondi, su alcuni dei libri citati da Franco Moretti nel suo fondamentale Opere Mondo: Saggio sulla forma epica dal Faust a Cent’Anni di Solitudine (Einaudi). Dall’Ulisse ai Cantos di Ezra Pound per arrivare a Pynchon, Musil e Marquez, le opere mondo per Moretti sono narrazioni tendenti all’infinito e all’enciclopedico, architetture contemporanee «innamorate delle bizzarrie e degli esperimenti» in cui l’epica viene frammentata e sembra creare domande senza risoluzione.

Le avventure di Ferrovie del Messico e di Nostalgie della Terra utilizzano questo polifonismo di stili e contenuti come strumento cacofonico: una somma delle parti in cui il rumore provocato dall’addizione non permette una comprensione totale del suono. In quel «Era un brutto periodo» che apre il capolavoro di Griffi o nell’impossibilità da parte del marinaio di Tetti di distinguere la Cagliari del dopoguerra da quella odierna si esprime la perdita di senso del Novecento, delle guerre mondiali e dei totalitarismi.

Il Novecento è anche il luogo di battaglia dell’ultimo libro preso in analisi in questo viaggio letterario italiano, La Sublime Costruzione di Gianluca Di Dio (Voland). La guerra ha portato a una catastrofe che ha distrutto tutto, compresa la casa del protagonista Andrej. Di Dio racconta di un mondo freddo e nordico, dove l’unica speranza sembra essere una torre gigantesca e illuminata ventiquattro ore su ventiquattro, sette giorni su sette, dai fari della Sublime Costruzione, un cantiere eterno che assicura lavoro e benessere ma la cui effettiva esistenza sembra essere in dubbio.

Da questo presupposto parte il viaggio ben poco eroico di Andrej e del suo compagno Arvo (un ferroviere, che combinazione!) a bordo di un’enorme corriera bianca guidata da strani reclutatori, passando per cinque tappe intermedie modellate sull’Odissea in cui compaiono (tra gli altri) lotofagi, sirene e ciclopi.

Di Dio però gioca con Omero con un dado dai numeri negativi: non è la storia di un ritorno a casa ma della fuga da ciò che rimane di essa, e Andrej non brilla per ingegno e curiosità ma è mosso solo da una speranza cieca nei confronti del Paradiso promesso. Le creature omeriche diventano un modo per trasfigurare i vari decenni del Novecento italiano: dalle piante di loto sinonimo dell’oppio in voga negli anni Settanta passando per il ciclopico culturismo dell’immagine e arrivando alla pornografia dei decenni successivi. Con una prosa ricercata e ricca di allegorie Di Dio narra del crollo del valore del lavoro nel mondo odierno attraverso una traversata in un mare che racchiude al suo interno il tempo stesso (altra combinazione).

Se tre indizi fanno una prova, si può abbozzare un identikit di una nuova avventura letteraria italiana, coraggiosa e ambiziosa: Ferrovie del Messico, Nostalgie della Terra e La Sublime Costruzione creano i loro mondi appoggiandosi esplicitamente sulle spalle di giganti letterari che li hanno preceduti, usando la letteratura come ambientazione per far correre liberamente la loro vena sperimentale. Questi tre romanzi si approcciano all’avventura con una disillusione anti-epica tipicamente italiana che esalta il movimento ma ne castra il concetto di approdo finale. L’obbiettivo non è la destinazione come nei viaggi, né tanto meno imparare qualcosa lungo il cammino come nelle avventure classiche.

Come nelle opere mondo del Novecento analizzate da Franco Moretti, l’obbiettivo è ricostruire il moto ondoso che l’essere umano vive: perdersi tra le idee, le parole e le cose.

a cura di Stiven Zaka Cobani

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