E’ uscito per Industria&Letteratura l’ultimo libro di Rossella Milone, Gli analfabeti. Quarto titolo della collana L’Invisibile, diretta da Martino Baldi, Gli Analfabeti è una favola per adulti, una storia emozionante in cui un ragazzo, Alessio, riesce a sentire addosso il peso del dolore altrui.

Comprendere è la parola chiave del racconto, apre e chiude la narrazione, risalta brillante fra le pagine. Tilde e Alessio prendono in loro la vita degli altri, ognuno a modo proprio, senza per questo comprendersi a vicenda – o almeno attraverso modalità diverse. Hanno lo stesso potere, Tilde e Alessio. Il potere di capire, di saper leggere ciò che li circonda, al contrario delle altre persone «[…] come un’analfabeta non hai più le parole per capire e per parlare».

Se Tilde comprende con gli strumenti dell’esteriorità gli avvenimenti del mondo, Alessio fa sua l’interiorità, e come tramite ha il corpo: sente il dolore degli altri. Una novella intrisa di sentimenti in cui il corpo – niente di più concreto – la fa da padrone. La narrazione inizia infatti da un chiodo e dalle ferite, fisiche ed emotive, che infligge

Ma Gli analfabeti è anche un libro impregnato di magia, sottotrama che emerge dirompente nel climax finale; con un’ambientazione indefinita – anche se facilmente intuibile da indizi disseminati nel testo –, in cui troneggia il personaggio del vulcano. Personaggio roboante, la sua voce governa il ritmo come il pendolo di un vecchio orologio scandisce il tempo, ed è percepito in maniera privilegiata da Alessio e Tilde.

Il vulcano, elemento naturale intrinsecamente conturbante, inquadra la vicenda e la colloca in uno spazio in cui riecheggiano miti e tradizioni popolari, disprezzate – tranne che in rare, ipocrite occasioni di necessità – dalla popolazione che fa da coro al racconto. Solo i bambini ne percepiscono ancora il fascino, e sono infatti gli unici con cui Alessio riesce a stare.

“Smettere di comprendere, gli pareva, era l’unico modo per resistere, e, di certo, se non gli fosse stato fisiologicamente impossibile, avrebbe smesso anche lui.”

Se la comprensione – concreta di Tilde e spirituale di Alessio – può portare tutta questa sofferenza, causata a sua volta dall’indifferenza di chi non vuole sforzarsi di capire, come si può “far pace con la vita”? È questo l’interrogativo che Rossella Milone lascia aperto, con un finale amaro, sicuramente destabilizzante, in cui due anime si compenetrano grazie ad un magico potere. 

Dove nasce questa storia e l’incontro con Alessio?

«Nasce come tutte le storie da diverse suggestioni, da qualcosa che ci sta accadendo e che ha colpito un mio nervo, una mia curiosità. E cioè: il modo in cui ci stiamo abituando a disinteressarci degli altri. Questa consapevolezza mi crea una specie di dolore e allora, in qualche modo, questo dolore ha cercato una storia. Alessio è stato il custode di questa storia, ma non lo ha trovato subito; all’inizio era addirittura una donna, e qualcuno di molto diverso dall’Alessio Merola de Gli Analfabeti. Poi la scrittura, come sempre, mi ha indicato chi era il personaggio adatto per raccontare questa novella»

La narrazione, in medias res, non si colloca in una dimensione spazio-temporale precisa, non nel vero senso della parola almeno. Abbiamo infatti solo due coordinate che ci permettono di delineare un’immagine approssimativa: il vulcano e l’autunno. Che valore hanno questi elementi?

«Sono immagini liminali, entrambi custodiscono un potere invisibile di transizione e vulnerabilità, ma, come tutte le fragilità (e Alessio ne è l’esempio concreto) posseggono anche una potente promessa di cambiamento. L’autunno è il momento della raccolta, della preparazione al risposo e al silenzio. Il vulcano possiede il tempo, quello sedimentato e quello in movimento che potenzialmente può modificarci o distruggerci. E anche Alessio vive costantemente su una sua personale soglia: adattamento e mutazione sono per lui elementi di salvezza, altrimenti si disintegra».

“Gli analfabeti” è un titolo interessante, il cui legame con il libro non è facilmente intuibile. Chi sono, per te, i veri analfabeti della società?

«Secondo me nel libro si coglie molto bene chi siano questi analfabeti. Non è immediato il legame, certo; sono una di quelle scrittrici che pensa che più che accontentare e rassicurare il lettore, cerca di stimolarlo e a costruire e a interpretare con lui la narrazione, fornendogli elementi per estrapolare dalla storia una sua personale esperienza umana e emotiva. Ma gli analfabeti sono lì: sono quelli che stigmatizzano i protagonisti – Alessio e Tilde – perché non riescono più a comprendere gli altri. E questa mancanza deriva da una forma di analfabetismo cognitivo, antropologico e emotivo che mi pare stia pervadendo il meccanismo relazionale contemporaneo».

La conclusione del racconto potrebbe essere vista come una forma di cesura, un’interruzione a metà della narrazione. Qual è la motivazione dietro alla tua scelta di lasciare il finale della novella “sospeso”? Alessio Merola troverà mai la pace?

«Il finale è emerso in modo naturale e organico rispetto a ciò che i personaggi fino a quel momento hanno vissuto. Completa la storia principale, la rende autonoma e conclusa: rispetto agli eventi raccontati, Alessio e gli altri chiudono, in un certo modo, la faccenda messa in scena sin dall’inizio. Poi, però, c’è tutto un sottotesto che brulica da cui potenzialmente possono diramarsi altri sentieri, e permettere ai personaggi di continuare, eventualmente, le proprie vite in altre storie. Così, funzionano le novelle e i racconti: si narra una storia presa in un certo momento, già iniziata, ci si focalizza su un aspetto, lo si racconta e lo si chiude. Ma tutto il resto continua a viverle intorno.  Da questo punto di vista Alessio chiede ancora di essere raccontato, e, chissà, potrei fargli vivere ancora molte altre storie».

Rossella Milone, nata a Napoli nel 1979, ha pubblicato per Einaudi La memoria dei vivi (2008), Poche parole, moltissime cose (2013) e Cattiva (2018). Ha inoltre pubblicato Prendetevi cura delle bambine (Avagliano, 2007), Nella pancia, sulla schiena, tra le mani (Laterza, 2011) e Il silenzio del lottatore (minimum fax, 2015). Ha collaborato e collabora con numerose testate e pagine culturali italiane e ha fondato e coordina il progetto Cattedrale, osservatorio che monitora e promuove la forma del racconto letterario (www.osservatoriocattedrale.com). Vive e lavora a Roma

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