Tra il teatro e la narrazione orale: lo spettacolo come luogo di riflessione della città, sulla città.

Nel mese dedicato al gioco, grazie a Sara, Palin vi porta a conoscere una realtà che utilizza il teatro per raccontare in maniera diversa la storia della città, con la città stessa: parliamo del trio #narrandoBO.
NarrandoBo è la prima serata di spettacolo dal vivo dedicata interamente alla città di Bologna.
È un progetto di Leonardo Bianconi, Leo Merati e Giulia Quadrelli che, grazie anche alla collaborazione di artisti diversi, principalmente del territorio, invitati di serata in serata, raccontano la città di Bologna attraverso molteplici linguaggi: dalla poesia alla stand-up comedy, dal teatro di narrazione alla musica.
1) Com’è nato il progetto #narrandoBO? è nato come hashtag?
Il progetto è nato nel 2018, quando Leonardo Bianconi (attore e autore) ha pubblicato su Youtube un video in cui interpretava un monologo scritto da lui e tra i vari hashtag ha inserito per la prima volta il nome #narrandoBO. Dal successo del video, in cui raccontava una giornata qualunque di un ragazzo bolognese, gli è venuta l’idea di dare vita ad un appuntamento fisso di spettacolo dal vivo in cui parlare della città attraverso le voci di artisti che la vivevano in prima persona. Nel 2019, #narrandoBO è diventato un percorso collettivo, quando anche io (Giulia Quadrelli, attrice e autrice) e Leo Merati (attore e videomaker) siamo entrati a far parte della direzione artistica, che si occupa di organizzare l’evento, individuare il tema della puntata e costruire il cast della serata. Dal 2018 ad oggi abbiamo organizzato circa 35 eventi live e coinvolto oltre 50 artisti del territorio.
2) Qual è la vostra formazione? Siete cresciuti pensando che questo sarebbe stato il lavoro che avreste fatto da grandi o avete studiato altre discipline e solo successivamente il teatro è diventato la strada principale?
Tutti e tre abbiamo iniziato a fare teatro molto giovani, per lo più durante il periodo delle scuole superiori. Poi però ognuno di noi è arrivato alla fase professionale con tempi un po’ diversi. Leonardo ha iniziato la sua formazione di attore pochi anni dopo il diploma liceale e dopo qualche breve esperienza lavorativa, quando è entrato alla scuola di teatro di Bologna “Alessandra Galante Garrone”. Io mi sono diplomata nella stessa scuola, ma prima di iniziare il percorso da attrice mi sono laureata in Filosofia all’Università di Bologna. Come me Leo Merati ha seguito la strada universitaria prima di arrivare al teatro professionale e si è laureato in Mediazione linguistica a Milano, ma già durante gli studi ha iniziato la sua sperimentazione in campo artistico, soprattutto video. Non posso dire a nome di tutti e tre se quello che facciamo oggi è sempre stato il lavoro che volevamo fare da grandi, però posso dire per quanto mi riguarda che è un amore nato molto presto, anche se ci ha messo un po’ di tempo prima di prendere la forma che ha oggi. Una forma che di certo è profondamente intrecciata con tutto quello accaduto prima di arrivare qui e questo credo valga per tutti noi.
3) All’interno del progetto, ma più in generale nelle vostre esperienze e visioni artistiche, quella di narrare la città di Bologna e gli spazi che si abitano è sempre stata un’esigenza o è un desiderio che si è delineato in modo più definito successivamente?
Credo sia molto difficile in relazione a qualsiasi progetto artistico poter dire che nasce da un’esigenza che si ha sempre avuto. Molto più spesso serve del tempo per mettere a fuoco quello che per noi è urgente raccontare, portare in scena, e soprattutto attraverso quale linguaggio farlo. Detto questo, io e Leonardo Bianconi siamo due bolognesi dal pedegree purissimo, potrei dire la quintessenza della bolognesità, quindi sicuramente per noi due l’idea di narrare la città in cui siamo cresciuti e in cui abbiamo vissuto per la maggior parte della nostra vita ha un richiamo molto forte. Diverso è probabilmente per Leo Merati, che è originario di Bergamo, anche se ormai bolognese d’adozione da diversi anni. Quello che ci ha unito in questo progetto, credo sia stato renderci conto che la città è una chiave affascinante attraverso cui raccontare la realtà che viviamo. Perché è qualcosa di molto concreto, fatto appunto di luoghi, strade, facce, riti molto precisi, ma allo stesso tempo è un perimetro che lascia a ciascun artista lo spazio per trovare il proprio posto, il proprio punto di vista, il proprio modo di osservare ciò che lo circonda e di conseguenza il proprio modo per raccontarlo e condividerlo. E con il tempo ci siamo accorti che la città ha un forte richiamo anche per il pubblico che ci segue nei vari eventi, perché noi e gli artisti che di volta in volta salgono sul nostro palco, raccontiamo qualcosa che chi viene a vederci vive tutti i giorni e in cui si identifica facilmente.
4) Secondo voi, quanto ha inciso la pandemia da covid-19 rispetto a questa necessità di raccontare la città e chi la abita? E quanto ha a che fare, in questa situazione post-pandemica, il narrare la città con il riappropriarsi di spazi, luoghi di socialità, di riattivare connessioni e far rifiorire incontri?
In realtà il progetto è nato e ha cominciato a prendere forma pienamente proprio nell’anno precedente alla pandemia. Quindi un’esigenza di riflettere sulla città, raccontarla e condividerla attraverso varie prospettive artistiche era già molto presente prima di questi anni così complicati. Sicuramente però poi il Covid-19 ha profondamente cambiato il paesaggio urbano, il nostro modo di abitarlo e di conseguenza anche la natura di quello che portiamo sul palco di #narrandoBO. Il tema del riappropriarsi dello spazio e dei luoghi di socialità, in particolare, è stato molto delicato per il nostro progetto così come per tutto lo spettacolo dal vivo. Il calendario degli spettacoli in questi anni si è spostato prevalentemente sull’estate, abbiamo dovuto trovare nuove case che ci potessero ospitare, dunque non solo il contenuto ma anche la forma del nostro lavoro è stata profondamente modificata dal fenomeno della pandemia.
5) Nel 2019 c’è stata la prima puntata di #narrandoMi. Vi piacerebbe spostarvi in altre città e prestar loro la vostra voce o comunque esportare il format fuori Bologna?
Ne abbiamo parlato molte volte e abbiamo ricevuto diverse proposte da realtà artistiche di altre città italiane per spostare il progetto altrove ed esportare il progetto in altri territori. Però ad oggi non ci sono stati altri esperimenti oltre a quello Milanese, anche perché questo tipo di lavoro è fortemente radicato al territorio in cui si svolge e per poterlo sviluppare in un certo modo serve il tempo di creare una rete solida di contatti artistici e performer che conoscano la realtà urbana narrata in scena, non è così semplice trapiantarlo in un luogo in cui magari si hanno meno contatti e che si conosce molto meno. È un processo che ha bisogno di tempo, cura e capacità di mettere insieme diverse personalità artistiche (attori, musicisti, poeti, comici, video-maker) che possano avere un legame con la specifica tematica cittadina che di volta in volta viene trattata in scena.
6) C’è stato un momento in cui avete pensato che il progetto non andasse per il verso giusto o che fosse troppo difficile e rischioso fare spettacoli dal vivo e, di conseguenza, avete valutato l’idea di spostarvi sul digitale?
Sicuramente la parte più dura della pandemia è stata anche la parte più difficile per la continuità di #narrandoBO. A lungo, anche dopo la riapertura dei teatri ci è sembrato pericoloso tornare a fare spettacolo in alcuni dei luoghi a cui eravamo più legati, spazi spesso informali, luoghi di aggregazione adatti a fare spettacolo ma non per forza di natura prettamente teatrale. Questo ci ha portato per molto tempo a modificare il progetto proprio nella direzione del digitale: per quasi un anno abbiamo dato vita ad una newsletter intitolata #mailingBO, attraverso la quale ogni venerdì portavamo il lavoro di un artista della nostra rete nella posta elettronica del nostro pubblico. È stato un modo per tenere aperto il legame che eravamo riusciti a creare con chi si era appassionato al progetto e fino a quel momento era venuto a vederci in scena, per tanti mesi abbiamo trovato il modo di andare noi da loro e continuare a raccontare la città. L’aspetto positivo è stato che attraverso il digitale abbiamo potuto coinvolgere anche artisti che magari si adattano meno alla dimensione dello spettacolo dal vivo (come scrittori, illustratori, drammaturghi) e quindi in qualche modo ampliare il progetto, seppure a causa di una restrizione. Però in effetti dopo un lungo tempo online non vedevamo l’ora di tornare sul palcoscenico di #narrandoBO.
7) A quali evoluzioni e crescite, e quindi in qualche modo cambiamenti, è andato incontro #narrandoBo nel corso del tempo? Quali programmi avete in mente per il futuro e il nuovo anno?
Dopo quasi quattro anni di progetto collettivo inevitabilmente sono tanti i cambiamenti che #narrandoBO ha attraversato, in parte anche in seguito alla pandemia, come dicevo prima, ma anche perché noi tre nel tempo abbiamo continuato ad evolverci come artisti sia insieme che individualmente. Alcuni linguaggi teatrali che prima ci incuriosivano di più sono stati abbandonati e in maniera spontanea sostituiti da cose che sentiamo più vicine ora rispetto ad un tempo. Sicuramente quello che rimane costante è il desiderio di rappresentare un luogo di riflessione della città e sulla città da portare avanti insieme alla città stessa, così come di offrire uno spazio di sperimentazione agli artisti del territorio dove poter esplorare linguaggi nuovi di fronte a un pubblico molto aperto, prevalentemente di non addetti ai lavori, che ci segue con passione proprio perché siamo qualcosa che sta un po’ a metà strada tra il teatro e la narrazione orale, che a lungo ha caratterizzato l’identità delle città e di cui oggi forse si sente un po’ la mancanza. Per questo anno che è appena cominciato il nostro programma è continuare ad organizzare eventi dal vivo durante tutto il corso dell’anno, esplorando anche nuovi palcoscenici cittadini e andando a scovare nuovi artisti da invitare alle nostre serate, ma anche affiancando all’attività scenica momenti di contaminazione con istituzioni e realtà del territorio che si riconoscono nel nostro metodo e ci coinvolgono nella narrazione delle loro attività.


#Musta – facce da Bologna (17 giugno 2022, piazza San Francesco), serata all’interno della rassegna estiva di ERT- Emilia Romagna Teatro Fondazione.
Foto di Noemi Pittalà.
Link al profilo del progetto #narrandBO
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