
Dagli scacchi di Duchamp, ai tarocchi di Dalì, fino ad arrivare agli scivoli di Carsten Höller, gioco e arte hanno intrattenuto una relazione molto stretta, fino a coinvolgere l’immaginario dei videogames.
Homo Ludens e numerose altre pubblicazioni, come I giochi e gli uomini di Roger Caillois, hanno dimostrato che qualunque gioco è decisamente molto di più che solo intrattenimento e può, in alcuni casi, essere considerato arte. Ciononostante, si è arrivati al riconoscimento del videogames come medium artistico solo dopo un decennio di accesi dibattiti portati avanti da critici cinematografici, studiosi di media, giornalisti e, talvolta, dagli stessi artisti.
I videogames entrano nei musei per vie traverse: vengono riconosciuti come simboli importanti della nostra società, i quali ne testimoniano gli sviluppi e le peculiarità, rappresentano allo stesso tempo una nuova forma di espressione per gli artisti e sono visti come mezzi nuovi per trasmettere la conoscenza avvicinandosi alle generazioni più giovani. Oggi vengono spesso utilizzati come forme di mediazione del sapere o come strumenti per laboratori didattici, ne è un esempio il progetto sviluppato dalla Tate Gallery di Londra, Tate Worlds, nel quale, a partire da opere e storie della collezione del museo, sono state create 16 mappe tramite il gioco Minecraft, rendendo l’arte immersiva e partecipativa per essere fruite dai giovani di tutto il mondo.

Diversi videogames sono stati invece creati appositamente per fruire in maniera interattiva delle collezioni museali, ne è un esempio Father and Son
Il gioco, realizzato da TuoMuseo e pubblicato dal Museo Archeologico di Napoli, nasce prendendo come base il concetto del turismo cinematografico. Il gioco segue la storia di Michael, giunto a Napoli per esaudire gli ultimi desideri del suo defunto padre, archeologo, dal quale si è sempre sentito abbandonato, ed è proprio dalla casa del padre e dal ritrovamento di una sua lettera che inizia il viaggio alla scoperta della città e del museo, in un intreccio di linee temporali tra presente e passato. L’ambientazione è suggestiva, e nonostante l’utilizzo della grafica 2D, il giocatore riesce ad immergersi negli ambienti storici rappresentati, così da acquisire una maggiore comprensione della storia del patrimonio culturale presente nel Museo Archeologico di Napoli.

Ma se parliamo di videogame in senso proprio possiamo rintracciare due diverse possibilità di sviluppo: videogame ispirati al mondo dell’arte e videogame creati da artisti, nella prima sezione troviamo opere come Ico sviluppato nel 2002 per Play Station 2. Il suo aspetto interessante consiste nell’essere basato su scenari presi dalle opere di Giorgio De Chirico, il gioco incarna in tutto e per tutto la poetica dell’artista basandosi su enigmi e misteri da risolvere. Troviamo ancora opere come Silent Hill 2, nato nel 2001, si tratta di un videogame creato per far emergere le paure e angosce più profonde, l’alter ego digitale è una persona comune, James Sunderland, il quale riceve una lettera misteriosa dalla moglie morta da anni. Durante la disperata ricerca della verità si ritrova nella nebbiosa Silent Hill immerso in ambienti angusti e terrificanti e in compagnia di personaggi ambigui e mostri inquietanti. Per il design gli sviluppatori si sono ispirati alle controverse opere dell’artista Hans Bellmer e a quelle di Francis Bacon.
Un altro aspetto molto importante che coinvolge videogame e artisti è la forma del machinima, si tratta di una produzione mediale ibrida che affonda le radici nel videogioco, è un’animazione in tempo reale ottenuta per mezzo dei motori tridimensionali del videogame. Esaminare le modifiche videoludiche, attraverso il filtro dell’arte contemporanea, porta in primo piano temi legati alla rilettura in chiave videoludica della società, il videogioco diventa un artefatto culturale che offre opportunità per l’espressione artistica ed è declinato sotto forma di attivismo per la critica sociale; tra i precursori troviamo movimenti artistici come Dada, Fluxus e Pop art, nonché artisti come Duchamp e Yoko Ono. In questo senso appaiono due modalità di intervento: l’applicazione dell’estetica e della fenomenologia videoludica da un contesto puramente digitale a quello attuale, creando spesso delle dissonanze, o l’introduzione di fenomeni e istanze tipiche del reale all’interno della dimensione videoludica, ne sono un esempio gli interventi di Joseph Delappe che sovverte e destabilizza la natura dei videogame online per sensibilizzare i giocatori su eventi come la guerra in Iraq; l’opera Dead-in-iraq (2006) infatti prevedeva l’inserimento via chat dei nomi delle vittime militari statunitensi della guerra in Iraq nel videogioco di reclutamento online America’s Army.
Il manichinima, a differenza del videogames che richiede la partecipazione attiva dell’utente, viene considera un mezzo non interattivo che viene fruito passivamente, ma non sempre è così: interessante in tal senso è l’opera Tekken Torture Tournament dell’artista Eddo Stern, due giocatori si sfidano ad una partita a Tekken davanti ad un grande schermo, ad ogni colpo subito dall’avatar, corrisponde una scarica elettrica via via più intensa che viene inflitta ai giocatori attraverso degli elettrodi attaccati in diverse parti del corpo.
Innumerevoli sono stati i videogame creati da artisti tra cui Everithing (2017) di OReilly o Iconoclast game (2010) di Lorenzo Pizzinelli ma in questa sede analizzeremo il capolavoro dell’artista Bill Viola, The Night Journey, avviato nel 1998 e attualmente ancora in corso di sviluppo.

Il videogioco nasce da un’idea del videoartista Bill Viola ed è frutto della collaborazione con l’USC Game Innovation Lab. The Night Journey si sviluppa su un percorso buio attraverso l’evocazione del viaggio archetipo che conduce all’illuminazione. L’artista ha scelto di evitare la classica suddivisione in livelli preferendo un’attività cognitivo emozionale attraverso la strutturazione di un percorso continuo. L’ambiente è suddiviso in quattro zone con un fulcro centrale che si collega direttamente al “paradiso”. Il giocatore inizia la sua avventura cadendo al centro della mappa e i suoi movimenti sovvertono la classica logica dei videogiochi in quanto l’unica andatura che l’avatar può condurre è a passo d’uomo, per cui inizialmente potrebbe apparire frustrante.
Nello specifico l’avatar può eseguire poche azioni limitate tra cui muoversi nei quattro punti cardinali ma soprattutto riflettere, il suo peregrinare è inoltre accompagnato da dei sussurri di cui non si riesce a comprendere la provenienza. Sarà la riflessione la chiave che permetterà al giocatore di avanzare in maniera più fluida. La riflessione, infatti, consente di interagire con il mondo videoludico attraverso un meccanismo che produce una stratificazione di immagini, uno spazio spirituale che si sovrappone al mondo tridimensionale.
Gli scenari si ispirano a livello estetico alle opere di Viola, la scelta del bianco e nero è dovuta al fatto che l’ambientazione è una post-elaborazione in ambiente 3D delle opere di Bill Viola. Il percorso che si articola è spirituale e mistico, tra le opere rievocate troviamo gli scritti del poeta persiano Rumi o del filosofo greco del III secolo Plotino. Ogni ambiente evoca un senso di infinitezza grazie alle soluzioni grafiche.
In queste poche righe si è voluto evidenziare il ruolo che rivestono oggi i videogame nella nostra società, non solamente come mezzi di svago ma anche come specchi che riflettono le distopie della nostra società, esagerandole ed estremizzandole. Per tali ragioni oggi il videogame appare come un mezzo accattivante per gli artisti che possono rielaboralo creando immagini che siano al servizio della loro arte e dei messaggi che intendono trasmettere.
Sitografia
Biblliografia
Bittanti M., Dal Machinima alla videoarte, Mimesis, Milano, 2017
Cappai R., ARTGAME: IL VIDEOGAME COME MEDIUM ARTISTICO, Università di Pisa, 2015
Caillois R., I giochi e gli uomini, Bompiani, Firenze, 1994
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