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Una partita a “Tsukumobake” con i suoi ideatori, i Cavalieri della Corona.

Questo è l’incontro più insolito che Palin abbia fatto nella sua storia vagabonda: il suo viaggio fisico è iniziato a Milano, dove ha conosciuto i Cavalieri della Corona, che lo hanno trascinato nelle atmosfere tetre ed incantate del Medioevo giapponese

Palin parla con Tsukumobake

Alice Abbate ha frequentato il corso di Laurea Magistrale in Design della Comunicazione presso il Politecnico di Milano. Sono sue le illustrazioni in questa intervista. 

Riccardo Lombardi (in arte LombRicc) è un aspirante Videogame Designer, del corso di Laurea Magistrale di Informatica presso l’Università Statale di Milano. 

L’appetito vien mangiando, i giochi – almeno per i profani – si apprendono meglio giocando. 

E allora facciamo una partita a Tsukumobake (付喪化け)!

  1. Palin non poteva che appartenere alla “Casata esploratore” e giocare Lanterna! Chiariamo un po’ il mito e l’ambientazione di questo gioco.

Tsukumkake

L’obiettivo era quello di creare un gioco da tavolo, giocabile in 4 in 30 minuti. Ogni giocatore deve recuperare gli oggetti di cui i padroni si sono sbarazzati (le carte personaggio) prima che si trasformino in tsukumogami e si uniscano alla parata dei demoni. 

Ci era stato chiesto di partire da un mito: la leggenda Hyakki yakō, tradotta come “la parata notturna dei cento demoni” ambientata nell’antica Kyoto. Secondo la leggenda durante il periodo Koho (964-968) vi fu una massiccia pulizia della città di Kyoto: furono gettati via vecchi oggetti che non servivano più. 

Gli spiriti degli oggetti acquistarono senno trasformandosi in tsukumogami, acquisendo un forte desiderio di vendetta verso i propri padroni, rei di averli dimenticati nonostante il fedele servizio prestato.

Gli spiriti tsukumogami dunque si radunarono per sfilare lungo la più antica strada della città vecchia, definita come “strada degli yokai” (strada degli spiriti). Da allora ogni anno, in una notte d’estate lo spirito Nurarihyon raduna gli tsukumogami e oltre un centinaio di spiriti di varia natura. Si dice che chiunque si trovi ad assistere alla parata o, peggio ancora, ad attraversarla, morirà o sparirà nel nulla. 

Fortunatamente esistono alcuni modi per evitare che ciò accada: avere con sé una pergamena con delle preghiere scritte dalle mani di un Onmyouji, monaco-esorcista specializzato nel contrastare la parata; oppure chiudersi dentro alcuni edifici e recitare un sutra (breve frase o aforisma a scopo religioso o filosofico). 

Alice, la disegnatrice di Tsukumobake, ci delinea inoltre le fonti di un così complesso mito: rotoli antichi raffiguranti mostri, vecchie cartine di Kyoto e alcune foto scattate in Giappone nell’estate 2019

«L’esperienza diretta», dice, «ha costituito un archivio di reference da poter utilizzare durante la creazione del gioco».

E per l’estetica? 

Mi ero ispirata fortemente al mondo di manga e anime, da sempre una mia passione. Alcune opere da cui ho tratto spunto per la creazione dei personaggi e degli oggetti sono Gintama (Hideaki Borachi, 2003), Inuyasha (Rumiko Takahashi, 1996) e Naruto (Masashi Kishimoto, 1999), poiché possiedono a loro interno interessanti elementi sovrannaturali. La maschera del mostro è nata dalle varie maschere del teatro kabuki: ho tentato di renderla più spaventosa possibile, e nonostante siano passati un paio d’anni, è un’illustrazione che apprezzo ancora molto!

Tsukumbake

  1. La parata si muove, ci insegue. Mi tocca rifugiarmi, dopo tre passi, in una casella edificio acceso: non mi permette di camminare, ma ci trovo un oggetto. È un mantello e la mia mia attitudine curiosa mi porta istintivamente a pensare al sommerso – potenziale e non – dell’impianto di Tsukumobake.  Mi spiego meglio: qual è l’originalità delle meccaniche e quali sono state le difficoltà che avete incontrato nella realizzazione del gioco?  
Tsukumbake

Tsukumobake è stata una sfida – dice Riccardo-.

C’era la voglia di essere fedeli al mito e l’aspirazione di rendere il gioco divertente e accattivante. Avevamo dei vincoli, che non sto qui a spiegare.

Il risultato è stato questa sorta di incrocio tra un gioco di carte competitivo tipo Bang o Exploding Kittens e un gioco da tavolo classico. Le meccaniche più originali sono sicuramente legate ai personaggi (giocanti e non): bisognava che fossero bilanciati fra loro, pur avendo caratteristiche e obiettivi diversi.

La parata è a tutti gli effetti un quinto personaggio controllato da specifiche regole. Essa è neutrale e attacca indistintamente ogni giocatore; ma ha un obiettivo: diventare più pericolosa e ribilanciare partite che sembrano perse. In questo caso la sfida più grande è stata quella di fare in modo che le regole di movimento della parata fossero chiare e inequivocabili.

Ultima meccanica di cui andiamo particolarmente fieri è il fatto che le carte in mano rappresentino sia le azioni disponibili ai vari giocatori, che i punti effettivamente in loro possesso, che servono quindi a decretare il vincitore della partita. Ai giocatori è quindi richiesto di trovare il giusto tradeoff per danneggiare gli avversari, rendendo al contempo più minacciosa la parata, e cercare di conservare più punti possibile. Noi dal canto nostro abbiamo fatto in modo che più una carta ha valore per un dato giocatore e più questa potrà attivare liberamente uno degli effetti proposti.

Palin non è il solo ad aver raggiunto una casella edificio acceso. Uno dei Cavalieri, della Casata Locandiera, ha trovato una Teiera e ha deciso di utilizzarla. La teiera ribolle, scalpita e fischia, come le potenzialità di questo progetto. 

Gli ultimi anni ci hanno insegnato che il futuro non è prevedibile: non sapendo cosa potrà diventare Tsukumobake, proviamo a parlare del mercato di giochi (e videogiochi) e della sua ospitalità.

Il mercato dei giochi è uno dei più floridi in tutto il mondo: sapete che fattura più del mercato della musica e del cinema messi assieme? D’altro canto l’essere umano ha per definizione bisogno di giocare, poiché è un modo per evadere temporaneamente dalla quotidianità, per diventare qualcun altro e infine per provare emozioni o capacità insolite in un contesto protetto. Giochiamo praticamente a partire dai nostri primi mesi di vita ed è la principale forma di apprendimento dei bambini. 

Inoltre siamo praticamente immersi nel gioco con forme di cosiddetta gamification, presenti nelle app bancarie o di fitness: esse sfruttano elementi di vero e proprio game design come dare ricompense al raggiungimento di certi obiettivi o il poter vedere i progressi degli altri giocatori.

Riccardo sembra ottimista, ma con una smorfia chiarisce subito che la situazione è più complicata di quel che sembra.

Il mercato è perlopiù saturo e ha dinamiche per certi versi molto simili a quelle del cinema, con le grandi produzioni che preferiscono investire i loro capitali in prodotti già rodati e quindi sicuri, che garantiscano ottime percentuali di guadagno, piuttosto che su prodotti originali e potenzialmente più interessanti.

Quindi a meno di riuscire a trovare un produttore che creda nel progetto, per la maggior parte dei prodotti come il nostro non resta che affidarsi a finanziamenti alternativi quali il crowdfunding che richiedono però il dover instaurare un rapporto di fiducia tra i designer del gioco e i compratori finali. 

Per concludere con una nota positiva, per quanto possa non essere il mercato più facile nel quale provare a inserirsi, è sicuramente uno di quelli per cui vale la pena provarci. La soddisfazione che genera vedere anche poca gente provare un tuo gioco, dedicare parte del suo tempo libero e magari anche divertirsi con esso è estremamente appagante.

Il Cavaliere n.3 pesca ben due carte evento. Il regolamento prevede che esse vadano immediatamente rivelate. 

  1. Parlavamo di passato e di futuro. I Cavalieri della Corona sono nati durante la recente pandemia, del cui terremoto, per l’appunto, Tsukumobake è un figlio fortunato. Sappiamo tutti quali siano state le difficoltà legate alla dislocazione dei membri di un team; quello che mi piacerebbe approfondire è il peso dello smart working nella realizzazione di contenuti più creativi che meccanici.

Siamo nati durante la pandemia, sì: ecco perché abbiamo scelto di chiamarci I Cavalieri del(la) Corona. Abbiamo provato ad ironizzare sul periodo in cui ci trovavamo, sulle ore passate in videochiamata. Alla fine però ci riteniamo fortunati, perché ci siamo totalmente fidati gli uni degli altri.

Alice per esempio dice di aver avuto carta bianca sullo stile

Ogni tot giorni ci sentivamo, correggevamo le bozze, e solo quando tutti erano d’accordo (prof. compresa), procedevo con la versione definitiva dei disegni. Inoltre io e Lia – l’altra collega che si è occupata della grafica del tabellone e delle caselle – ci siamo trovate subito in sintonia col metodo di lavoro, per cui procedevamo confrontandoci continuamente. Finita la parte di confronto, passavo da Discord (nostro grande alleato durante la pandemia) alla mia tavoletta grafica: passavo ore a disegnare armata di pazienza, accompagnata dalla sigla dei miei anime. Insomma, in qualche modo dovevo entrare nel mood giusto! 

Tsukumobake è stato il mezzo. Lo scopo di queste quattro chiacchiere è la voglia di portare alla luce un mondo di cui spesso si vede solo il volto fatto e finito, il prodotto. 

  1. Il gioco è da tempi immemori il più alto connubio tra leggerezza e serietà: Eraclito per esempio vi vedeva la possibilità di sfidare la presunzione seriosa degli adulti; ma ad oggi si tratta di una realtà ancora stigmatizzata, tacciata di essere “poco seria” e sin dall’inizio scartabile rispetto ad un futuro professionale. Lo chiediamo a Riccardo, che muove i primi passi nel mondo professionale del gaming.

Qual è la scintilla che scatta nella mente di uno e gli fa dire: “sì, questo per me non è un passatempo, ma potrebbe essere un lavoro”?

Ho avuto questa “illuminazione” che ero ancora molto piccolo e ben lontano dalle dinamiche lavorative: ho iniziato a fare giochi un po’… per gioco!

Mi piaceva davvero tanto raccontare una storia, creare livelli e meccaniche nel mio tempo libero, così ho deciso di ricamarci su un percorso di formazione che potesse avvicinarmici.

L’unico modo che si ha per capire se può diventare qualcosa di più di un hobby è quello di provarci e garantisco che gli strumenti per farlo sono alla portata di tutti: ci sono software gratuiti (o quasi) e a volte anche carta e penna sono sufficienti per attuare un’idea, farla provare a più gente possibile e vedere quindi se funziona. 

Bisogna abituarsi al fallimento: nessuna idea, per quanto geniale possa essere, è esente da difetti e prima vengono a galla, prima il progetto può essere migliorato, scartato o cambiato. Quando nonostante i fallimenti si continua a mettercela tutta, allora quello è il caso in cui potrebbe aver senso provare a farlo diventare un lavoro. Le soddisfazioni e i successi arriveranno, piano piano, passo dopo passo.

La ricerca delle realtà piccole e in crescita si conferma il mare prediletto da Palin; è curioso che lì si trovino piccoli gioielli nascosti; ad essi va riservata la protezione, per non disperderne il valore, ma anche un po’ di luce naturale per poter emergere. 

 Tsukumobake, ambientato nel Medioevo giapponese e tutto da scoprire

A tale proposito, come ultima carta, Palin sceglie di giocare l’Antica Preghiera su Pergamena, per il piccolo talismano che essa mostra. Ai Cavalieri della Corona noi non possiamo che augurare una buona fortuna e fornire po’ di luce naturale attraverso un link che potrà portare direttamente ad una partita (per ora) online!

L’intervista è a cura di Martina Cofano.

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