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Il concetto di spazio sembra essere un concetto ovvio. Tuttavia, in meccanica quantistica risulta essere sfuggente: più si conosce la velocità di un oggetto, meno si conoscerà la sua posizione. E sembra che la colpa sia del fatto che tutto è onda e particella allo stesso momento.

Lo spazio è una nozione che possiamo considerare innata nella mente umana: anche se non siamo in grado di quantificare le distanze. Sin da bambini acquisiamo il concetto di ciò che è distante e ciò che è vicino e in che direzione si trova rispetto a noi.

Come nel caso del tempo, tuttavia, la fisica moderna ha sconvolto il concetto intuitivo di spazio. 

La fisica relativistica corresse questa visione, chiarendo che non esiste nessun mezzo materiale permeante lo spazio, ma che lo spazio ha proprietà fisiche molto particolari che permettono la propagazione della luce e la costanza della sua velocità nel vuoto. Infatti, secondo la teoria relativistica lo spazio non può essere considerato separatamente rispetto al tempo: un osservatore in moto rispetto ad un altro vedrà il tempo dilatarsi e lo spazio nella direzione longitudinale contrarsi (rispetto al tempo e allo spazio del primo); la gravità deforma lo spazio-tempo.

Tuttavia, gli aspetti forse più controintuitivi del concetto di spazio vengono suggeriti dalla meccanica quantistica. Infatti, il concetto di misura assume una funzione peculiare: rappresenta il «collasso» della «funzione d’onda» che descrive il sistema: prima della misura, il sistema era in tutti gli stati possibili, con una certa probabilità associata a ciascuno stato; dopo la misura, il sistema è in un solo stato; se si ripete la misura, il sistema si troverà in uno stato con una frequenza proporzionale alla probabilità associata allo stato. 

Tuttavia, se si misurano due variabili cosiddette «coniugate» (due variabili intrinsecamente legate fra loro), la misura sarà sempre parzialmente indeterminata: il prodotto delle incertezze sui valori delle due variabili sarà sempre maggiore di una certa quantità. Questo è il cosiddetto principio di indeterminazione di Heisenberg.

Un esperimento mentale che chiarisce tale principio fu illustrato proprio da Heisenberg nel suo articolo del 1926 e riguarda proprio l’indeterminazione della misura della distanza (la cui variabile coniugata è la «quantità di moto», massa per velocità). Infatti, si consideri la misura della posizione di un elettrone con un microscopio ottico. La luce può essere descritta da particelle chiamate fotoni, dotate di un certo impulso o «quantità di moto».

Lo spazio come non lo conoscevi: indeterminazione e incertezza nelle misure di distanza. Principio di indeterminazione di Heisenberg.

Per «vedere l’elettrone», è necessario che un fotone urti l’elettrone e, deviato, entri nel microscopio. Si noti che, secondo la meccanica quantistica, la posizione dell’elettrone prima della misura ha una distribuzione di probabilità che collassa nel momento della misura. 

Nel processo di misura, l’impulso è in parte trasferito dal fotone all’elettrone e la direzione del fotone deviato è indeterminata ma compresa nell’angolo di risoluzione del microscopio (altrimenti non sarebbe visto). Dal fotone sarebbe possibile ricavare quale è stato il trasferimento di quantità di moto, se non fosse per questa indeterminazione nella direzione.

Proprio questo trasferimento di impulso indeterminato rende impossibile determinare con esattezza la quantità di moto dell’elettrone. Inoltre, a causa della risoluzione del microscopio limitata e dipendente dall’angolo di risoluzione, anche la precisione nella misura della posizione è limitata: con dei calcoli, si dimostra che il prodotto delle due incertezze rispetta proprio il principio di indeterminazione.

Oltre a questo tipo di indeterminazione (di tipo operazionale o di misura) bisogna affiancare anche un altro tipo di indeterminazione, quella statistica.

Le osservabili coniugate sono legate dal fatto che la distribuzione dell’una è ricavabile dall’altra attraverso una trasformazione matematica (trasformata di Fourier). Attraverso dei calcoli matematici, è possibile dimostrare che il prodotto delle varianze (valori che sono un indice di quanto la distribuzione è «larga») di variabili coniugate deve essere maggiore di un valore minimo, e quindi vi è anche una indeterminazione statistica intrinseca.

trasformata di Fourier.  Attraverso dei calcoli matematici, è possibile dimostrare che il prodotto delle varianze di variabili deve essere maggiore di un valore minimo

In sintesi, è come se la natura stessa ci impedisca di conoscere fino in fondo i valori delle sue variabili: nonostante questo, la meccanica quantistica ha ottenuto successi impareggiabili nel descrivere almeno una parte della natura e di alcune sue costanti fondamentali.

Bibliografia

  1. https://it.wikipedia.org/wiki/Principio_di_indeterminazione_di_Heisenberg
  2. W. Heisenberg, Über den anschaulichen Inhalt der quantentheoretischen Kinematik und Mechanik [Sul contenuto intuitivo della cinematica e della meccanica nella teoria quantistica], in Zeitschrift für Physik, vol. 43, n. 4, 1927, pp. 172-178. Traduzione italiana di S. Boffi: S. Boffi, Il principio di indeterminazione, Università degli studi di Pavia, Pavia 1990, pp. 45-74, www2.pv.infn.it/~boffi/Werner.pdf
  3. Konishi, K.; Paffuti, G. (2013). Meccanica quantistica: nuova introduzione. Pisa University Press.
  4. D. Sen, The uncertainty relations in quantum mechanics (PDF), in Current Science, vol. 107, n. 2, 2014, p. 203–218.

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