Palin parla con Chiara D’Amico e col suo piccolo laboratorio “Una stanza tutta per sé”.
Chiara, o Gingko, vive a Bologna; tra una pratica di yoga ai Giardini Margherita e qualche sinogramma cinese scritto sui tavoli del Comix in via delle Belle Arti, ha trovato il tempo di creare uno spazio in cui entrare in punta di piedi, un «manifesto senza pretese per un benessere inclusivo».
Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf è un saggio in cui si riflette sulla donna in ambito letterario e sociale. Una stanza tutta per sé è anche un laboratorio di consapevolezza e ricerca corporea in continua evoluzione: lo yoga è il mezzo, l’autocoscienza è il fine.
[A cura di Martina Cofano].Ciao, Chiara. Il nostro obiettivo è la scoperta dello spazio. Praticando e insegnando yoga, con lo spazio ci devi convivere, praticamente e concettualmente. Quella che hai ideato è una realtà delicata, gentile, inclusiva, ma soprattutto politica. Ci dici cos’è e da dove è nata questa idea?
La prima volta che ho sentito parlare di donne in termini politici avevo quindici anni e leggevo Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf. Avevo appena iniziato a praticare yoga. Ricordo di aver pensato tanto alla formula che la Woolf proponeva per le donne che desideravano scrivere romanzi: “del denaro e una stanza tutta per sé”. Nella rappresentazione mainstream, lo yoga è una stanza chiusa, o meglio aperta solo ad un tipo di corpo e di persona: abile, cisgender, magra, tendenzialmente benestante.
Sentivo molto il contrasto con l’esperienza che stavo facendo nella pratica, che per me diventava sempre più uno spazio sicuro a cui tornare per vivermi, sperimentarmi nel rapporto tra corpo, spiritualità e respiro. Quando ho iniziato il percorso per diventare insegnante, mi sono focalizzata sul bisogno di creare spazi per le persone che spesso lasciamo fuori dalla sala: corpi politici, dissidenti, non binari, marginalizzati. È la fame di uno spazio di confronto, accoglienza, sorellanza, cura.
Nel saggio della Woolf si legge ad un certo punto: «Le stanze sono così diverse l’una dall’altra: (…) tranquille o tempestose; (…) dure come crine di un cavallo o soffici come piume». Mi sembra che questo aut aut si annulli nella tua realtà. Hai detto che la tua spiritualità è gentile, ma che è anche in grado di arrabbiarsi, di schierarsi. Da cosa nasce secondo te il comune sentire per cui meditazione = tranquillità?
Una semplificazione radicata, dovremmo dedicarci delle ore! In breve direi: orientalismo e liberalismo. Mi spiego: i paesi occidentali sono entrati in contatto con lo yoga attraverso il colonialismo. Si è cercata la suggestione, il fascino dell’esotico; il risultato, semplificando molto, è una pratica “epurata” dal rapporto col divino e dalle pratiche ascetiche. Quest’interpretazione è funzionale ad un’economia liberale. La mindfulness in azienda è un esempio di questa visione: meditare diventa un modo di calmare lo stress, gestire gli stati d’ansia e, di conseguenza, essere persone più produttive.

Mi ha colpito molto una tua riflessione sul rapporto tra yoga e femminismo, perché essa tira in ballo anche l’importanza del linguaggio. Il corpo merita spazio, le cose meritano un nome. Che valore ha questo atto di “risignificare”?
Dico spesso che lo yoga mi ha ridato un corpo e il femminismo le parole. Le parole danno statuti di esistenza, la lingua ha il doppio valore di descrivere la società e di crearla. Trovare parole per descrivere ciò che si vive, per dare un corpo alla propria esperienza, vuol dire prenderne possesso, diventare soggetto narrante più che oggetto narrato. Farlo in un gruppo di pratica aiuta a intrecciare le narrazioni e creare intersezioni tra le diverse esperienze, aprendosi alle storie delle altre persone.
Il titolo di questa chiacchierata instaura un legame inscindibile tra respiro e spazio, perché è attraverso il primo che il corpo si espande nel secondo. Cosa ci si può aspettare di trovare nel proprio respiro?
Nel respiro si trova una cartina tornasole del nostro stato fisico e mentale, ma non solo. Spesso il respiro racconta storie di oppressione. Ad esempio, le persone socializzate come donne prendono spesso l’abitudine di tenere la pancia “in dentro”, respirando più col petto e col torace. Leggere e ascoltare il respiro ci aiuta a risalire nelle storie dei corpi, ma anche dei loro rapporti con le aspettative della società. È un esercizio di consapevolezza che può essere complesso, ma molto importante.
Virginia Woolf era una paladina della libertà di creare arte: «una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé per poter scrivere». I tuoi progetti sono nati con libertà, ma anche con grande fatica; spesso non ci si accorge del lavoro sommerso che simili attività implicano. Possiamo entrare (sempre in punta di piedi) nella stanza di lavoro di Chiara?
Certo, volentieri. Un tappetino per la pratica personale, i corsi di formazione, tante più ore al PC di quanto ci si aspetti… è un aspetto che spesso non si vede. Per facilitare uno spazio come questo si deve fare un percorso di decostruzione costante, rimettersi in discussione ed essere sempre pronte a cambiare punto di vista, oltre la sola didattica dello yoga.
Mi sembra che a Bologna tu abbia trovato una realtà disposta ad ospitare questa ricerca che porti avanti. Quali sono gli spazi safe in cui concretamente è possibile intraprendere un percorso di meditazione con te?
Per ora insegno due volte a settimana a Bologna, in un centro in piazza Santo Stefano, ma la pratica esce dallo spazio delle classi e diventa cura collettiva, con incontri di meditazione, workshop e momenti di comunità come cene, manifestazioni e spazi di autocoscienza. Oltre alle pratiche facilito insieme a Marzia Michelizza, col progetto Mereoyogica, un gruppo di autocoscienza per insegnanti di yoga. Ovviamente tutti gli spazi sono safe solo se chi li attraversa li reputa e rende tali. In questo sono estremamente grata alle persone che frequentano i percorsi, questa realtà non sarebbe la stessa senza di loro.
Salutiamo, ringraziamo Chiara per averci permesso di dare una stanza anche a questo piccolo incontro. La commistione tra morbidezza, protezione, rabbia e politica è difficile da realizzare, ma anche da trovare: gingko.moves direi che vi si avvicina moltissimo!
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