In questo appuntamento della rubrica “Un mare di gender” vi proponiamo la recensione, senza spoiler, di ‘Transagonistica’, il romanzo d’esordio di Gabriele Galligani per Battaglia Editore, nelle librerie da maggio 2021.
Parecchi mesi fa, ascoltando la radio in macchina, mi sono fermata su un programma molto famoso in cui il presentatore sosteneva che tra i suoi tanti amici omosessuali, <<o come li volete chiamare>>, nessuno fosse interessato al calcio.
Un fatto raccontato con un certo stupore. Si, lo stupore retorico di chi etichetta il mondo, e i suoi abitanti, secondo un preciso abbecedario degli stereotipi eterocentrici. Il calcio è ancora appannaggio dell’uomo etero cis, cioè la cui identità di genere corrisponde al genere e al sesso biologico alla nascita.
Eppure, oggi anche le donne giocano in squadre vere, che gareggiano in campionati riconosciuti. E in questa dicotomia calcistica, tra squadre maschili e squadre femminili, qualcuno si chiede ancora “come mai” agli uomini gay non piaccia il calcio. E, se guardiamo oltre la retorica del politically correct che ogni società deve necessariamente mettere in campo (molto spesso per questioni d’immagine e sponsor), l’orientamento sessuale delle donne che giocano a calcio è molto spesso già dichiarato dal solo fatto di praticare quello sport.
Insomma, se alle donne piace tirare calci al pallone dovranno avere qualcos’altro in comune con gli uomini, come l’oggetto (si, proprio l’oggetto) del loro piacere sessuale. Sono mascoline infatti, ma per qualche ragione sono anche oggetto dell’erotismo maschile. Diciamo la verità, è un po’ come per noi donne vedere una partita con David Beckham o con Claudio Marchisio. Noi tifiamo il testosterone, che c’importa del fuorigioco!
Mi hanno insegnato che nella vita, in qualsiasi esercizio (volto a produrre qualcosa), non devo mai sottovalutare la mia biografia, il mio background, la mia personale lettura del mondo esterno e le reazioni del mio, più intimo. È così che ho iniziato a leggere ‘Transagonistica’, il libro d’esordio di Gabriele Galligani per Battaglia Edizioni, uscito a maggio 2021.

In Transagonistica, la prefazione di Wu Ming 2 è come un mito rivelatore, prepara il lettore a ciò che lo attende: calcio e disforia di genere, due argomenti che nel libro si scontrano, in primis, in un protagonista talentoso. Lo scontro, però, è filtrato dall’esterno, da ciò che il mondo circostante gli racconta che deve sentire, percepire. E da questo nodo narrativo si sviluppano tutte le pagine del libro.
Devis è un ragazzo che a 14 anni è già una promessa del calcio. È oppresso da un padre che cerca in lui la propria rivincita, ma questa marcatura stretta è addolcita da una madre che non fa che chiedere al proprio figlio se ciò che deve fare è qualcosa che vuole, che lo rende felice. Devis, orgoglio di papà che non fa che ricordare a se stesso un passato ormai sempre più lontano, arriva ad allenarsi in un’accademia importante. Quando Devis arriva ad alti livelli agonistici, improvvisamente in lui succede qualcosa.
Quel suo essere “altro” si ribella nel contesto misogino e omofobo in cui si trova. E il suo avversario, stavolta, è il suo corpo. Devis, con il passare del tempo, non riconosce più quel “contenitore”. E il mondo del calcio, dei grandi stadi gremiti di tifosi attenti ai loro giocatori, non può capirlo. Devis così fa l’unica cosa che quel mondo intollerante gli concede: abbandona e scompare.
Con un linguaggio reale, a volte crudo, a volte raffinato, l’autore sviluppa la storia del protagonista, che si intreccia con quelle di altri due soggetti (la Trav-O e Viola) su diversi piani temporali. Questa tripletta di protagonisti i cui racconti non s’intrecciano, se non alla fine, sottolinea la verve da sceneggiatore dell’autore. Fa pensare ad una miniserie che sicuramente salverei nella mia lista. Al lettore viene data alla fine l’opportunità di collegare i puntini e vedere il disegno finale. Non sono sicura che il disegno sia uguale per tutti: questioni che riguardano il genere e il mondo del calcio sono poli diametralmente opposti, all’interno dei quali ognuno costruisce le proprie idee.
L’obiettivo di Transagonistica, in effetti, non sembra tanto quello di avvicinare il mondo LGBT+ ad un uno sport prettamente eterocentrico, piuttosto prende in prestito i riflettori che il mondo del calcio mondiale ha per affrontare gli stereotipi legati al mondo della transessualità.
I cliché e gli stereotipi servono proprio per non allontanarci dall’affrontarli.

Uno degli aspetti più interessanti del libro, che ho scoperto strada facendo, è che l’autore (etero cis) è estraneo ai fatti, racconta una storia nuova, non vissuta in prima persona. Ed è proprio la meraviglia che suscita questa scoperta a ricordarmi perchè, ad oggi, molti ancora si stupiscano che uomini omosessuali o transessuali possano interessarsi al calcio o addirittura praticarlo come sport.
Cambiando il punto di vista, in effetti, è possibile rendersi conto che così come un uomo etero può raccontare in modo così reale e rispettoso un storia che parla di disforia di genere, una condizione che non lo tocca in prima persona, un altro essere maschile o femminile, la cui identità di genere non corrisponda al suo sesso biologico, può essere una grande promessa del calcio.
Il gender, l’orientamento sessuale e l’identità di genere, non sono caratteristiche che possono in qualche modo identificare a priori la prestazione sportiva della persona che abbiamo davanti. Non esistono codici o diagrammi già scritti, ricette per creare il campione perfetto con ingredienti specifici.
Il talento, in qualsiasi ambito vogliamo circoscriverlo, non considera il genere di chi lo possiede per generare, alla fine, unə grande campionə.
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