Nel romanzo Premio Pulitzer La Strada (2006), Cormac McCarthy immagina la conseguenza estrema del “tramonto del padre”: la (quasi) estinzione del genere umano.

La Strada di Cormac McCarthy, Einaudi 2006
Cormac McCarthy, La Strada, Einaudi, Torino 2006

La Strada è il racconto di un viaggio compiuto da un padre e un figlio – scampati ad un’apocalisse che ha distrutto il mondo –  che si dirigono verso un imprecisato sud.

Ma quello di cui parla l’opera, prima ancora che di un mondo post-apocalittico in cui tutto è buio e cenere, è il fallimento di una generazione. Quale? Forse quella dell’autore (che è degli anni Trenta), o quella di suo padre o di suo nonno. O, più probabilmente, di tutte quelle alternatesi dalle due guerre mondiali a oggi. L’Apocalisse che ha distrutto il mondo moderno, il Nazi-fascismo, è stata l’implosione di un sistema centenario di valori-fantoccio, razzismi, crudeltà e incongruenze. La strada sembra accogliere in sé tutte queste dimensioni, messe in scena in una storia di personaggi spietati (mossi da un istinto primitivo e da un’innata disposizione al sadismo) in un tempo desolato.

McCarthy sottolinea la povertà fisica del suo mondo residuale utilizzando descrizioni sempre uguali e ossessive ripetizioni di termini. Tutto è buio, gli alberi sono morti e i loro rami secchi e anneriti; la cenere ricopre ogni cosa e il cielo è perennemente grigio.

Ripetizione che si trasforma in routine per padre e figlio, intrappolati non solo su un pianeta che non ha più nulla da offrire, ma anche in giorni-fotocopia, col medesimo scenario incolore e lo stesso inutile scopo: raggiungere il sud per continuare anche lì la lotta quotidiana per la sopravvivenza. 

La Strada crea così una specie di paradosso: due personaggi in continuo movimento, che a ogni alba si mettono in marcia alla ricerca di cibo e oggetti utili, che però compiono sempre le stesse azioni, formulano gli stessi pensieri, parlano delle stesse cose. È proprio l’autore a dichiararlo usando l’immagine della cenere: «Si posava. Riprendeva a muoversi. Una scena già vista»

   La vita stanca quando non c’è speranza. Non di rado l’uomo si ritrova a invidiare i morti e invoca a sua volta la morte. Ma morire da solo è qualcosa che non può permettersi, perché significherebbe lasciare suo figlio in balìa della fine più atroce. Continuare a vivere però non assicura la salvezza, e anzi richiede un duplice sforzo: quello di sopravvivere e quello di sperare. 

Il grande problema del protagonista, e di tutta la sua generazione, è il non voler affrontare a viso aperto la realtà. Il viaggio verso sud può essere letto non solo come un voler dare un senso alla loro permanenza in quel mondo e uno scopo al bambino, ma come un ritardare il più possibile il momento della verità, cioè la rassegnazione.

Questo sembra essere il centro della questione: l’uomo-generazione responsabile della distruzione del mondo (inteso come insieme di valori positivi, fratellanza fra esseri umani, ecosistema) è terrorizzato dalla rassegnazione, che spaventa più della morte perché essa è già morte. «Tu non vuoi affrontare la verità». 

La Strada di Cormac McCarthy nel tempo della lotta tra generazioni

Eppure questa perenne cortina di morte è a tratti squarciata dalla luce del fuoco di cui parlano padre e figlio. «Perché noi portiamo il fuoco» è la frase simbolo del romanzo. Il fuoco, forse, è la speranza. La speranza nelle nuove generazioni. La speranza di chi non si arrende a un’apocalisse di valori e all’impoverimento del concetto di essere umano. È il bambino a voler aiutare tutti nel corso della storia. Non è spietato come suo padre, non è cinico come lui. È il bambino che insiste per aiutare un povero vecchio incontrato lungo il cammino lasciandogli qualcosa da mangiare. È sempre il bambino che si preoccupa della possibile morte di altre persone. 

«Noi portiamo il fuoco» può perciò equivalere a “Noi (bambini) abbiamo ancora speranza, noi siamo ancora umani”. Così, se all’inizio è possibile individuare le conseguenze più drammatiche del tramonto del padre, a fine romanzo si fa largo il secondo concetto di cui parla Lacan: l’evaporazione. McCarthy la presenta attraverso lo scenario che si apre davanti agli occhi del bambino: una nuova comunità, ripulita dalle brutture del passato ma segnata dalla sua esperienza, costretta a ricominciare da capo con nuovi valori, nuove idee, nuove prospettive. Sorge il dubbio che il mondo non sia arrivato alla distruzione a causa di un totalitarismo senza controllo o di una guerra nucleare, ma che quella situazione sia il risultato di una lotta tra generazioni. 

Qualunque sia la risposta, il finale lascia intravedere un possibile domani nelle mani di chi è rimasto, di chi ha lottato per non scomparire e non evaporare. Il padre muore, inevitabilmente – è inevitabile la morte dei padri per la libertà dei figli – e con lui una parte del suo mondo; il bambino invece sopravvive, saluta il cadavere di suo padre, si congeda da lui e va incontro al futuro insieme agli altri uomini e le donne di una comunità di “buoni”: un primo nucleo di un’umanità nuova, una civiltà diversa, meno spietata e più consapevole, accorta, luminosa.

In La strada bisogna sostituire il sole, che non c’è più o si nasconde, e per sostituirlo l’unica soluzione è aggrapparsi alla luce e al calore del fuoco della speranza.

Così, McCarthy chiude il libro con la descrizione delle forre, gole scure di montagna dove sembra impossibile la vita, e dove invece vivono e nuotano i salmerini, piccoli pesci lucenti che rischiarano l’oscurità.

Noi siamo i padri o i bambini del nostro tempo?

Fonti

C. McCarthy, La Strada, Einaudi, Torino 2006

M. Recalcati, Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, Cortina Raffaello, 2017


Daniele Costantini

Sono nato nel cuore dell’entroterra abruzzese, a diciannove anni mi sono trasferito a L’Aquila, dove ho lasciato dei pezzi. Quel che restava l’ho spostato a Bologna, dove vivo e studio. Dedico la mia vita alla letteratura italiana e alla poesia. Mi piacciono le storie di pirati, i manga giapponesi e i supereroi. Soprattutto Spiderman.

0 Comments

Lascia un commento

Avatar placeholder

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *