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Palin parla con Alice Donato, fondatrice di Il Lato B di Bologna

San Donato e La Bolognina sono i quartieri più stigmatizzati dai gruppi di CaseInAffittoABologna; ogni neo-fuorisede ha in mente l’idea: «Sì ad ogni zona, preferibilmente non quelle due», ma poi ci finisce puntualmente e – forse – vi si affeziona.

Palin guarda il quartiere San Donato con occhio di riguardo, essendoci nato e vissuto prima di diventare un esploratore. Oggi però, sulla linea 25 in direzione Dozza, passa per Piazza dell’Unità, accanto al chioschetto con scritto ‘Bologna è una formula, non dimentico più’; costeggia il Chupa-Chupa bar in Via del Ferrarese e l’ex Manifattura Tabacchi.  

Tra le linee bolognesi, la 25 ha il privilegio di attraversare completamente una pseudo periferia, che più di tutte le zone di Bologna mostra l’iper-connessione di realtà e culture

Si tratta del quartiere Bolognina, dove è nata e cresciuta anche Alice Donato, fondatrice di un frizzante progetto di storytelling territoriale, il Lato B di Bologna, attivo con eventi, promozioni e piccole guide alla scoperta dei luoghi nascosti della città.

L’intervista è a cura di Martina Cofano.

Ciao Alice, è un piacere rivederti. Il tema che tratteremo nasce da un evento organizzato dal Lato B lo scorso 24 marzo, volto a presentare il libro “Quartieri, viaggio al centro delle periferie italiane”, con un particolare focus sulla Bolognina. Raccontaci un po’ cosa è la tua Bolognina.

Per me la Bolognina innanzitutto è casa. Mi sono trasferita a 5 anni e ho frequentato qui le scuole elementari e medie: quasi tutti i miei ricordi d’infanzia sono legati a questo quartiere, prima amicizie, primi giri in autonomia, primo fidanzatino. Potrei scrivere una mappa emotiva della Bolognina. Crescendo però ho cominciato a vivere sempre di più il centro, soprattutto dal 2019, periodo in cui secondo me il mio quartiere ha cominciato a raccogliere i frutti del cambiamento culturale portato avanti da progetti, associazioni e locali che da anni cercavano di riscattarla. Nonostante tutto ancora oggi vivo qui e la frequento il più possibile.

Facciamo un gioco. Ti leggerò dei passaggi da “Le città invisibili” di Italo Calvino. 

Il primo viene da Zaira:

«La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie (…)».

Riusciresti a descrivere il passato della tua Bolognina, solo attraverso un’immagine?

Sì. Direi un signore, che chiamerò G.: lo incontri al Kinotto, seduto a un tavolo a leggere il giornale o a bere qualcosa e fare due chiacchiere la sera, prima di tornare a casa da sua moglie. G. vive in Bolognina da quando era ancora il quartiere operaio. G. lavorava in una delle tante fabbriche e ha sempre vissuto il Dopo Lavoro Ferroviario – cosiddetto DLF – come luogo di svago per sé e per la sua famiglia. Frequentava il Kinotto ancora prima che fosse il Kinotto. Questa cosa mi affascina, perché mi porta a riflettere sul fatto che è già difficile per me conciliare l’immagine del quartiere con i miei ricordi; parliamo di soli vent’anni fa: chissà come dev’essere per lui!

La seguente invece è Maurilia:

«Guardatevi dal dire (…) che talvolta città diverse si succedono sopra lo stesso luogo e sotto lo stesso nome, nascono e muoiono senza essersi conosciute, incomunicabili tra loro».

I quartieri di Bologna hanno un’identità propria, ma – vuoi per ragioni storiche, politiche e culturali – la Bolognina spicca su tutti. Quali sono – se ci sono – secondo te gli elementi di continuità e quelli di rottura con la realtà “interna alle mura”?

Io sono tremendamente di parte, perché ho vissuto qui la maggior parte della mia vita. La prima cosa che mi viene in mente è che in Bolognina è possibile fare vita di quartiere.

Ci sono pochi turisti, molti residenti a lungo termine che la vivono attivamente. C’è un sentimento di appartenenza e sostegno tra persone per alcune attività nate qui. La trovo una cosa molto bella.

Un bar non è solo un bar, una libreria non è solo una libreria. Più di ogni altro luogo, è qui che si vedono in filigrana i sogni, l’impegno e la voglia di creare qualcosa di utile e bello. Ogni posto in Bolognina ha il suo ecosistema di clienti abituali, amicizie improbabili e aneddoti stravaganti.

Ogni mattina a Leonia gli spazzaturai raccolgono i resti dell’esistenza di ieri, che lascia sempre il posto ad oggetti di nuova fattura. Le cataste s’innalzano fuori dalla città, ma non vengono mai smaltite.

Inutile girarci intorno… sto parlando degli sgomberi cui i centri di aggregazione sono stati sottoposti negli ultimi anni, da XM24 al Làbas. Qual è la tua posizione in merito in qualità di residente? Dove vanno a finire secondo te “le cataste” di quel che era e che è stato cancellato?

Questo è un argomento molto complesso, non mi sento la persona più adatta a parlarne, prima di tutto perchè non ho frequentato attivamente Xm e Làbas. Sono stata lì, anche a manifestare i giorni dello sgombero, ma non ho questo sentimento di appartenenza che può avere solo chi lì ci ha fatto attivismo, creando le basi per progetti che ancora oggi proseguono.

Dal mio punto di vista Bologna non è più ciò che per anni ha rappresentato nell’immaginario comune. È una città che sta cambiando velocemente e che in questo momento non ha più – o non ha ancora – un’identità ben definita. Non sono una persona che vive nel passato, cerco sempre soluzioni pratiche. 

Il lato B di Bologna è nato un po’ anche per questo. Dopo la pandemia molti punti di riferimento hanno chiuso, quindi ho deciso di cominciare a sostenere tutto ciò che secondo me crea valore e rende Bologna la città in cui ho scelto di vivere. Vorrei ispirare le persone a non vivere passivamente la città, come se non fosse anche loro responsabilità prendersene cura. Poi da sostenitrice dei progetti indipendenti e della cultura dal basso mi auguro che prima o poi rinasca quel bel movimento underground! Probabilmente in una forma diversa e in un modo in cui non ci aspettiamo.

Secondo me Bologna in questo momento ha di nuovo bisogno di sogni e di persone disposte a sbattersi per concretizzarli!

Il nostro tema rimane quello del tempo.  

«Sono tornato a Marozia dopo anni. (…) il vecchio secolo è sepolto, il nuovo è al culmine».

Ultima domanda dal carattere un po’ sibillino. Immagina di lasciare la tua città per un po’ di anni. I cambiamenti della Bolognina sembrano avere una direzione: cosa ti aspetteresti di trovare dunque, una volta tornata?

Ho pensato così tante volte di lasciare Bologna… andare in stazione, salire su un treno, lasciarmi questa città densa di emozioni, ricordi e esperienze alle spalle. Ci penso ogni volta che torno a casa attraversando il ponte Matteotti, mentre osservo i binari di Bologna Centrale al tramonto confondersi con l’orizzonte. 

Forse un giorno lo farò, almeno per un po’: il tempo necessario a capire chi sono senza Bologna intorno. Una volta tornata mi aspetto di trovare una città diversa, tutta da scoprire. Probabilmente la Bolognina non sarà più la Bolognina, ma solo uno dei quartieri del centro; si sarà allargata per fare spazio alla città che cresce. Magari la nuova Bolognina sarà il Pilastro a La Barca. Credo che il futuro di Bologna dipenda dalla sua capacità di evolversi, trovando la propria dimensione e identità. La prima cosa necessaria da fare è risolvere la questione degli affitti.

Si dice che le ultime cose dette o scritte siano quelle destinate ad essere maggiormente pesate. Con questa chiosa, che ci invita a riflettere e a pensare criticamente, salutiamo e ringraziamo Alice, per il tempo concessoci e per averci prestato i suoi occhi per qualche minuto di lettura.

La pagina de il Lato B di Bologna (insieme al suo sito web) vi aspetta, un posto alla volta. 

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