articolo a cura di Catherine Hannequart
Il Premio Nobel per la letteratura è stato assegnato il 6 ottobre ad Annie Ernaux, per la sua opera in gran parte autobiografica. Per quanto semplice, Ernaux è riuscita a rendere la sua vita appassionante non solo per i lettori francesi ma anche a livello internazionale: cosa rende i suoi romanzi così universali?
La letteratura serve a evadere, ma anche a ritrovare se stessi, ad accorgersi che non si è soli, a trovare modelli a cui ispirarsi. Dal suo villaggio natale in Normandia, Annie Ernaux ha fatto molta strada, ma ha mantenuto la semplicità. Risponde immancabilmente alle lettere dei suoi lettori e un articolo ironizzava sul fatto che ogni famiglia francese avesse la propria lettera scritta a mano.

Nel 1981, con La donna gelata, Annie Ernaux cattura i sentimenti di una madre sopraffatta dalla sua routine di casalinga, in un periodo in cui la letteratura era per lei ridotta alla lista della spesa. E se i figli non fossero fonte di felicità incondizionale, come viene ribadito non solo dalla società, ma anche dalle figure letterarie femminili?
Nell’incipit di King Kong Theorie (2006), Virginie Despentes rammarica la mancanza di personaggi femminili mediocri o dal fisico ingrato nei romanzi: Despentes scrive per le donne che non si riconoscono nello stereotipo della donna per bene, attraente, della madre tenera che profuma di torta appena sfornata.
«Perché l’ideale della donna bianca, seducente ma non troia, sposata bene ma non spenta, che lavora senza fare troppa carriera per non mortificare il suo uomo, […] mamma realizzata ma non ostaggio di pannolini e compiti a casa, buona padrona di casa ma non la classica sguattera, colta ma meno di un uomo, questa donna bianca e felice che ci sventolano continuamente sotto il naso, quella a cui dovremmo fare lo sforzo di assomigliare, a parte che ha l’aria di farsi due palle così per poco o niente, poi io non l’ho mai incontrata, da nessuna parte. Mi sa tanto che non esiste.»
Ed ecco perché dovremmo leggere La donna gelata: ritrae un altro tipo di figura femminile, spesso assente nella letteratura ma pur sempre essenziale.
Nel 1963, Annie Ernaux, studentessa di 23 anni, incinta, lotta per abortire: l’unico modo per poter proseguire gli studi e sfuggire al destino della sua provenienza sociale. L’evento riproduce il suo doloroso percorso per un aborto clandestino, quattro anni prima della legalizzazione della pillola contracettiva, dodici anni prima della depenalizzazione dell’aborto in Francia.
L’aspetto sociologico è un punto saliente dell’opera di Ernaux: l’analisi delle classi sociali e della condizione umile è presente da tempo nella letteratura francese. Émile Zola era stato al suo tempo accusato di aver intinto la sua penna nel fango con L’assommoir, narrando l’alcolismo e la miseria del proletariato. Ernaux, con uno stile volutamente semplificato e privo di fronzoli, neutro, senza giudizi, racconta la condizione umile dei suoi genitori (Il Posto), il divario tra le sue origini e le persone borghese che ha conosciuto negli ambienti universitari (La Vergogna). Il tono corrisponde a quello usato in passato con i genitori, rivolgendosi a loro senza abbellimenti: sarebbero stati percepiti come imbarazzi, lontani dal loro linguaggio quotidiano.


Prima donna francese ad aver ricevuto il Nobel di letteratura, la notizia è stata accolta con grande gioia; notizia gradita per la sua casa editrice francese Gallimard, ma particolarmente auspicabile per L’Orma editore, casa editrice indipendente che ha portato la voce di Ernaux in Italia, e che ora va in ristampa, con gran parte delle sue opere.

Un grande augurio a L’Orma e a Annie Ernaux per la sua circolazione in Italia. Da tutto Palin
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