Una carriera all’insegna della medicina e della vicinanza con il prossimo.
Così si può riassumere Orlando Amodeo, medico calabrese classe 1957, ex-primo dirigente medico della Polizia di Stato con una lunga esperienza nei soccorsi in mare e nei centri di prima accoglienza per migranti in Calabria.
Tanti i riconoscimenti guadagnati negli anni per la sua attività: tra questi, quello di Cavaliere all’Ordine del Merito della Repubblica nel 2005, medaglia d’oro al merito della sanità pubblica; il Premio Eccellenza alla Camera dei Deputati nel 2016 e al Senato della Repubblica nel 2019.
Pur dopo tanti riconoscimenti pubblici e posizioni di ruolo ricoperte in ambito sanitario, Orlando Amodeo non ha mai dimenticato l’importanza di essere vicino a chi ha bisogno e i numeri lo testimoniano: nel suo vivere a stretto contatto le situazioni di crisi umanitaria sulle coste joniche calabresi, ha soccorso oltre 200.000 naufraghi e curato e assistito altri 250.000 profughi e migranti, così come ha curato indigenti a titolo gratuito in piena pandemia da Covid-19 e ospitato diversi bisognosi in casa propria.
Resto sempre il figlio di un manovale e di una contadina
tiene a precisare.
Con l’emergenza in Ucraina e il ripresentarsi di alcune dinamiche legate all’accoglienza, Palin ha voluto fare qualche domanda proprio al dottor Amodeo.
L’intervista è a cura di Salvatore Bruno.
Il tema del mese su Palin è ‘Corpo’. Qual è la definizione più esatta per un medico?
Tutte le definizioni di ‘corpo’ che si trovano nei manuali sono valide dal punto di vista medico ma allo stesso tempo altamente riduttive, perché il corpo umano è altro.
Il corpo umano è formato da 37,2 trilioni di cellule più almeno altri 40 trilioni di cellule microbiche, come funghi, batteri e virus, che sono sia all’interno che all’esterno del corpo umano, senza le quali il corpo non vivrebbe né la vita si manterrebbe. Il corpo umano è anche struttura chimica: miliardi di reazioni al minuto che ci permettono di muoverci, vedere, sentire, gustare, amare, immaginare e sognare.
Quindi, semplificando, il corpo umano è una struttura altamente complessa ed organizzata, costituito da cellule proprie e non, che collaborando insieme svolgono tutte le necessarie funzioni allo svolgimento della vita.
Con la guerra in Ucraina, si è tornati a parlare di aiuti umanitari e in tutta Europa si è attivata una campagna di raccolta di beni di prima necessità.
Da un punto di vista medico, quali sono i medicinali che servono maggiormente nei contesti di emergenza da guerra e quali meno?
Normalmente nei contesti di emergenza di guerra sono forniti ai soldati e a chi combatte dei kit di automedicazione e kit medici per medici e paramedici, che spesso sono integrati da altri supporti per la difesa NBC, cioè dispositivi come maschere, filtri d’aria, tute che proteggono da gas, da agenti batteriologici e da particelle radioattive, oltre a farmaci tipo adrenalina, atropina, pomate anti-ustione. Sono indispensabili gli antiemorragici, antibiotici, antidolorifici, anestetici e sedativi.
Ma in un contesto di guerra viene coinvolta tutta la popolazione, quindi bambini, donne, uomini e anziani, ed è quindi difficile escludere i farmaci cosiddetti comuni. I bambini si possono ammalare, le donne possono partorire e ammalarsi, gli anziani sono spesso affetti da più patologie croniche o a volte molto gravi. E inoltre tanta gente è oncologica o disabile. Quindi tutti i medicinali sono importanti in un contesto di guerra.
Lei ha prestato servizio in diverse zone dove l’immigrazione era molto forte. Penso, alla sua regione, la Calabria, e in altre zone critiche dove, inutile negarlo, c’è stata anche una cattiva gestione dei centri di accoglienza.
Qual è stata l’emergenza umanitaria che l’ha segnata maggiormente?
Dal 1993 a oggi sono salito su centinaia di imbarcazioni alla deriva e ho soccorso, secondo una stima di un noto giornalista, circa 200.000 persone. Per me è difficile dire quale emergenza sanitaria ti possa segnare maggiormente. Tutto ti segna ma tutto ti dà la forza di andare avanti, perché le persone bisogna salvarle.
È difficile dimenticare il volto di una bambina di tre anni annegata, e gonfia come un pallone, come è difficile non essere assalito da un senso di impotenza.
È difficile dimenticare i corpi dolenti di tantissime donne con ustioni di secondo e terzo grado su gambe, glutei, bacino e schiena a causa del gasolio misto ad acqua di mare che si accumula nei gommoni e devasta la pelle di chi per ore o giorni ne sta a contatto. Dà sollievo soltanto dopo settimane di cura rivederle camminare storpie ma felici.
È difficile non ricordare Neyma, poco più che una bambina, violentata, bastonata e stuprata in Libia, giunta a Crotone in coma e incinta. Ha resistito ventisette giorni prima di morire, ma mentre moriva ha dato alla luce una bellissima bambina. La sua vita.
È difficile non ricordare Maria e il suo silenzio devastante appena sbarcata a Reggio Calabria. Mi avevano detto cosa le era accaduto. E allora l’ho fatta sedere e l’ho tenuta stretta, per ore, non ricordo quante! Maria era salita su un gommone in Libia con la sua bambina di tre anni e il suo bambino di cinque, ma c’era poco spazio e le persone sul gommone erano troppe. E allora gli scafisti hanno alleggerito il ‘carico’ e quel bambino e quella bambina sono stati buttati in mare ad annegare. Non c’è stato nessuno che li ha aiutati.
È difficile non ricordare due giorni su una nave con ottocento migranti, da solo. Con donne incinte, con bambini febbricitanti, con persone fratturate, altre in crisi epilettica. E allora bisogna respirare profondamente e inventarsi ortopedico, ostetrico, ginecologo, dermatologo, psicologo, psichiatra. Si può fare, basta essere medico. Pensare poco e agire molto, perché per loro tu sei l’unica ancora di salvezza.
È difficile non ricordare tante, tantissime cose. Ma è facile e meraviglioso ricordare i loro sorrisi e le loro carezze. È ben facile ricordare l’umanità ed è semplicissimo sentirsi umano.
Quali malattie si riscontrano con più facilità in un contesto, come ad esempio un campo profughi, dove molte persone non hanno mai avuto accesso alla sanità?
In un campo profughi, o meglio, nel Centro di Prima Accoglienza di Crotone le malattie che si riscontrano sono le stesse che si possono riscontrare in un qualunque comune di una qualsiasi provincia italiana, fatta esclusione dei cicli vaccinali che molti bambini non hanno mai eseguito, ma a questo si rimedia in breve tempo.
Altra cosa sono i campi di profughi sparsi in Turchia, in Siria, in Libia, in alcune isole Greche, nei Balcani. Quelli non sono campi profughi, sono lager! E non occorre aggiungere altro.
Parlando di sanità, stiamo per uscire dalla pandemia da Covid, un periodo in cui la credenza nella Scienza ha spesso vacillato.
Pensa che ci sia stata una cattiva informazione o che i motivi siano altri?
Sul fatto che stiamo per uscire dalla pandemia da Covid, ho ancora qualche dubbio.
Nel mondo occidentale e ricco si è giunti a percentuali di popolazioni vaccinate abbastanza elevate e che pertanto ci consentono una certa libertà. Ma a guardare l’intero mondo, ci sono intere popolazioni e interi Stati non vaccinati. In questi luoghi il virus circola ed è in continua mutazione. E se non faremo lo sforzo di fare un ciclo vaccinale a livello globale, è molto probabile che tra qualche mese o anno saremo tutti al punto di partenza per una nuova variante. Sempre che Madre Natura non ci dia una mano a rendere il Covid meno aggressivo…
La Scienza ha fatto il suo dovere, l’imbecillità e la disinformazione hanno fatto i loro danni, le multinazionali con i loro guadagni mostruosi hanno fatto il resto. La salute è un bene di tutti ma spesso ce ne dimentichiamo. La globalizzazione ci rende interconnessi, e spesso ci dimentichiamo anche di questo.
Per concludere, qual è il suo modello ideale di sanità? Quella italiana va bene così com’è o pensa che possiamo prendere spunto anche dall’estero?
Un modello ‘ideale’ di sanità è al momento solo auspicabile e attualmente in Italia non è praticabile. Troppi tagli e da troppi anni al comparto Sanità. Serve un’inversione di rotta drastica.
In Italia avevamo una sanità tra le migliori al mondo, ma gli interessi di pochi hanno devastato l’intero comparto. Una politica scellerata ha fatto il resto. Occorre ritornare al passato: dalle guardie mediche da ripristinare alla medicina di prossimità da ricostruire; ospedali da riaprire e da fornire con le adeguate attrezzature, così come occorre fermare la migrazione sanitaria da Sud a Nord. Al Nord si costruiscono nuovi ospedali, spesso privati, e si crea ricchezza. Al Sud si chiudono gli ospedali perché le persone malate vanno a curarsi altrove non trovando nel proprio territorio le strutture adeguate, e così facendo aumenta l’indebitamento economico delle ASP del Sud, oltre a quello per le ospedalizzazioni e i trattamenti chirurgici e non. Il cane che si morde la coda, insomma.
Trovo aberrante il sistema americano basato sulle assicurazioni, ma al contempo trovo interessanti alcuni ‘sistemi’ in Paesi del Nord Europa, da cui si possono prendere spunti.
Trovo necessario ed impellente un nostro ritorno al passato: dobbiamo rifondare il nostro Servizio Sanitario Nazionale.