Quasi per tutta la sua vita Cartesio ha sostenuto l’ipotesi secondo cui il corpo è separato dalla mente o dall’anima. Arrivato alla fine della sua vita rivede totalmente la sua teoria: la mente e il corpo sono strettamente legati, quasi a costituire un uno. Effettivamente, grazie ai recenti studi neuropsicologici, abbiamo scoperto che le cose stanno proprio così, ma diamo per scontate molte meno cose.
Molto spesso quando pensiamo al corpo, la prima cosa che ci viene in mente è la sua fisicità. La cosa che molto spesso trascuriamo è che noi possediamo prima di tutto una consapevolezza del nostro corpo. La consapevolezza corporea altro non è che l’unione di molte conoscenze che noi abbiamo sul nostro corpo: abbiamo una conoscenza enciclopedica che ci permette di sapere dove si trova la caviglia e a cosa serve; una conoscenza legata al come percepiamo il nostro corpo che generalmente viene chiamata Body Image; abbiamo una conoscenza più implicita, strutturale e meno verbale, una conoscenza che non spieghiamo a parole ma che sappiamo di avere, sul come usiamo il nostro corpo conoscendone i limiti e le potenzialità; abbiamo poi una conoscenza più profonda, che non serve propriamente a noi intesi come degli agenti consapevoli, ma serve principalmente al nostro cervello per poter operare determinati movimenti. Per poter fare specifici movimenti con la mano, il nostro cervello deve poter elaborare la posizione del gomito per poter fare quel movimento specifico che vogliamo fare. Questa conoscenza fa riferimento al Body Schema, che è l’informazione sulla posizione del nostro corpo che arriva in automatico al nostro cervello, senza che a noi serva esplicitamente quell’informazione per poter compiere quel gesto. Insomma, se per afferrare un bicchiere d’acqua sul tavolo pensiamo che il nostro cervello si attivi solo sotto il punto di vista “operativo” e volontario, ci sbagliamo di grosso. In realtà anche per poter permettere il movimento più semplice il nostro cervello elabora in modo implicito o automatico delle informazioni sulla posizione di altre parti del corpo, necessarie per il compimento del movimento. Nel cervello vengono quindi integrati molti tipi differenti di informazioni: informazioni legate all’intenzione, alla simulazione e al compimento del movimento; informazioni sulle coordinate nello spazio del nostro corpo; informazioni sulla sensiorialità ecc. Di tutte queste informazioni che il nostro cervello elabora, siamo consapevoli principalmente di quelle legate alla volontà ossia quello che effettivamente vogliamo fare con il nostro corpo.
Il fatto che noi integriamo conoscenze diverse, che operano su piani diversi della consapevolezza, da quella più esplicita a quella totalmente implicita, lo sappiamo grazie a delle persone che hanno riportato delle lesioni in aree del cervello dove avviene l’integrazione di queste informazioni. Dopo un incidente stradale, ad esempio, a una donna fu chiesto di indicare il proprio ginocchio ma non ne era capace; mostrando una figura del corpo umano e indicando la stessa zona del corpo, invece, sapeva rispondere. In questo caso, ciò che era stato danneggiato era il suo Body Schema e non la conoscenza enciclopedica del corpo.
Questo esempio rimanda a due aspetti molto importanti relativi al nostro corpo: il Sense of Agency e il Sense of Ownership. Quest’ultimo si riferisce al senso di appartenenza del nostro corpo e a come il cervello elabori l’informazione relativa al Sè corporeo. La parte del corpo che vedo muoversi, la percepisco come mia. Il Sense of Agency invece fa riferimento a quelle informazioni circa la volontarietà delle nostre azioni.
Ora che sappiamo che non tutto è scontato e che tutto quello che compone la consapevolezza del nostro corpo, si riferisce sia a conoscenze esplicite che implicite che al Sense of Ownership e di Agency vediamo come sono stati progettati degli esperimenti ad hoc per ingannare il nostro cervello… sul nostro corpo!

L’illusione della mano finta
Il nostro sistema cognitivo può essere illuso se vengono create delle situazioni plausibili: in una situazione accettabile, il sistema cognitivo accetta che se succede A e poi succede B, l’unica interpretazione ragionevole è che effettivamente sia così. Questo principio è stato applicato da Botvinick e Cohen nel 1998, per dimostrare come fosse possibile ingannare il Sense of Ownership facendo credere a delle persone che una mano finta fosse la loro mano. Una ad una sono state fatte sedere a un tavolo e, poggiando le mani sul piano, gli veniva chiesto di mettere la sinistra dietro un separatore. Una mano di gomma veniva poi posta di fronte, come si può vedere nella figura. Lo sperimentatore forniva poi diverse stimolazioni tattili con una penna simultaneamente sia sulla mano reale nascosta dal pannello, sia sulla mano finta visibile agli occhi della persona. Il risultato era che le persone percepivano come propria la mano finta, come se appartenesse realmente al proprio corpo. Questo tipo di illusioni appartengono ad una classe di effetti percettivi chiamati Bias Intersensoriali: quando lo stimolo visivo della mano finta viene processato dal cervello insieme allo stimolo tattile sulla mano vera, questi vengono integrati e generano un vero e proprio bug di sistema. Dal momento che tendiamo a dare più importanza agli stimoli visivi (siamo esseri retinici!), il nostro cervello inizia a creare l’illusione che la sensazione che sentiamo nella nostra stessa mano, provenga in realtà dalla mano di gomma, che diventerà parte del nostro Sé corporeo, ingannando il nostro Sense of Ownership.
Per terminare l’esperimento, lo sperimentatore dava una martellata sulla mano di gomma causando il sobbalzo dei partecipanti ancora ingannati, evidenziando la forza di questa illusione.
Articolo di Lorenzo Nelli
Fonti:
Botvinick, M., Cohen, J. Rubber hands ‘feel’ touch that eyes see. Nature 391, 756 (1998).
Tsakiris, M. (2015). The relations between agency and body ownership. The Sense of Agency, 235-250.
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