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«La letteratura è qualcosa su cui poter lavorare in maniera vera, pratica, non solo una passione astratta»

Bentornate e bentornati al Palin Caffè, lo spazio virtuale dedicato alla letteratura contemporanea in tutte le sue forme e declinazioni. È un numero un po’ anomalo, se vogliamo dirla così, ma in realtà nemmeno poi tanto, tenuto conto del fatto che lo scopo di questi nostri incontri è quello di parlare di ciò che ci pare e piace, purché sia di qualità. E allora oggi il caffè lo prendiamo con una giovane donna che la letteratura la ama a tal punto da volerne fare il proprio mestiere. Non col classico ruolo dell’autrice però, bensì con quello dell’editor, senza privarsi della prospettiva di poter fare entrambe le cose, seguendo in questo le orme del suo idolo e modello, Italo Calvino, e di altri autori e autrici che da quando esiste l’editoria hanno popolato, e ancora popolano, la scena.

Alessandra Terenzi è nata a Senigallia e ha studiato a Bologna. Ha fondato il blog Terenziafolio, uno spazio virtuale in cui condivide, oltre alle proprie idee e ai racconti delle esperienze che vive, le tappe del percorso della costruzione di una carriera nel mondo editoriale. Una carriera, va detto, non semplice, né da iniziare né da far durare. È così, bisogna essere onesti. Il mondo dell’industria libraria è incredibilmente sovraffollato, eppure molto chiuso, quasi impermeabile.

Con Alessandra è il caso di parlare, mi son detto, perché pur volendo fare l’editor è un’autrice di grande prospettiva, che custodisce quasi in segreto un talento nella scrittura di racconti e articoli sui generis ancora tutto da guardar fiorire.

Il Terenziafolio, che prende il nome dal suo cognome, contiene infatti numerosi articoli che sin da subito mi è piaciuto pensare come articoli-racconti o, meglio ancora, racconti da diario. Sono infatti confessioni intime, nel contenuto ma ancor più nei toni, di una giovane mente e di un animo inquieto: racconta quel che vorrebbe fare da grande, dove vorrebbe farlo, si arrovella sulle decisioni prese e su quelle da prendere, si interroga sugli errori commessi, ma poche volte si biasima: quasi sempre si perdona. Si concede dei bonus che tutti i giovani hanno, proprio in quanto giovani – chiamiamoli bonus età, o bonus inesperienza, o ancora bonus tutta-la-vita-davanti

Ma fa anche altro nel suo diario: scrive recensioni di opere letterarie, approfondimenti fra il sacro e il profano su curiosità, bizzarrie, controversie varie legate alla letteratura (mi viene in mente l’articolo sulle nuove traduzioni di Harry Potter e del Signore degli anelli, sagace, divertente e scritto dal punto di vista di una fan sfegatata più che da quello di una editor, nel quale indaga l’efficacia e la coerenza di certe scelte, riportando esempi di nomi modificati e nuove proposte di traduzione che per gli appassionati sono cose molto, molto serie. E interessanti).

Tutto questo, ovviamente, si inserisce nel vero grande tema, quello che domina il blog: l’editoria. E a me personalmente la prima cosa che viene in mente ormai, quando si parla di editoria, è quell’amara verità che si impara entrando a contatto con quel mondo, e cioè che si tratta a tutti gli effetti di un’industria, perciò chi entra a farne parte, o vorrebbe farlo, non può ragionare in letteratura, ma deve farlo in libri. L’importante, cioè, è individuare storie che possano vendere nei vari settori di cui quell’industria si compone. Questo fa inevitabilmente venir meno ogni pretesa assoluta di qualità.

Allora ad Alessandra non posso non chiedere: tu che scrivi e che lavori sui testi degli altri, come ti poni di fronte a questa dicotomia tra ciò che reputi buono, e che quindi leggi e vorresti far leggere, e ciò che invece va fatto perché funziona sul mercato?

Ci ho fatto il callo abbastanza presto. Mi sono approcciata alla letteratura come qualcosa su cui poter lavorare, in maniera vera, pratica, e non solo come una passione astratta da coltivare. Con la dicotomia convivo tentando, e sperando, di trovare una realtà in cui poter unire quanto più possibile ciò che vende a ciò che è bello.

Il blog è un mezzo di comunicazione, e un luogo di approdo o di lancio dei propri testi, ormai più che affermato. Tanti sono partiti da lì, e questo fa di esso un ambiente virtuale molto frequentato e tenuto d’occhio oltre che dai lettori anche dagli addetti ai lavori.

Tu come lo vedi, come spazio per i propri testi?

Non credo possa esistere da solo, è sempre da accompagnare ad altro, oggi più che mai soprattutto ai canali social, che possono dare completezza a quel modo di comunicare.

Quelli che scrivo io, poi, sono testi in cui metto semplicemente quello che penso o quello che ho letto, sono lontani da una programmazione seria, che all’inizio ho inseguito, per abbandonarla però presto.

Sul Terenziafolio domina una scrittura divertente, ironica e soprattutto autoironica, che rende ogni articolo e ogni argomento fluido e leggero, il che non è un difetto, anzi. In un mare di scrittura e scrittori che sempre più si prendono sul serio, spesso a torto, una scrittura lucida e consapevole che gioca e ride di se stessa è segno di maturità.

Mi aiuta sapere che non sono l’unica al mondo che scrive e che non sto scrivendo qualcosa che cambierà le sorti del mondo, perciò mi viene spontaneo assumere un atteggiamento leggero. Parlare in maniera pesante di quello di cui parlo non aiuterebbe né me né chi legge. Oggi c’è, da una parte, tanta pesantezza in giro, ma dall’altra anche una leggerezza forzata che spesso porta a voler essere spiritosi a tutti i costi, inutilmente.

Forse quello che un po’ tutti sbagliamo, noi giovani che scriviamo, è il partire pensando ‘Ora scrivo l’opera‘. Il problema è che ce ne sono migliaia lì fuori che scrivono, e magari pensano la stessa cosa, ed è improbabile che ognuno scriverà il capolavoro destinato a durare, o che addirittura inventerà qualcosa a cui ancora nessuno ha pensato.

Credo che l’approccio migliore sia quello di scrivere cosa si vuole, come si vuole, ma senza partire con certe pretese di grandezza.

Anche perché questo mette pressione e crea una competizione spesso ingiustificata.

Ma sul Terenziafolio c’è anche la profondità delle piccole cose, una profondità figlia di uno spirito d’osservazione particolarmente spiccato. E poi c’è la voglia di raccontare i dettagli, di viverli. È un peccato non poter riportare interamente il racconto, ma è il caso di leggere un passo di Quindici. Libri e mare, uno degli articoli-racconti che danno vita al blog.

All’inizio l’autrice si scusa con i lettori per non aver tenuto fede al proposito di pubblicare regolarmente e per essere sparita durante i primi mesi estivi, e mentre si scusa capisce che in realtà lei l’articolo promesso lo stava scrivendo ugualmente, pur senza scriverlo davvero. E dice:

Lo stavo scrivendo nelle lacrime sporadiche che ho versato negli ultimi giorni, per motivi futili e passeggeri։ passare davanti a un cantiere e rendermi conto che non lo vedrò mai finito, scorrere per l’ennesima volta il lungomare in bicicletta e pensare che tra una settimana non avrò più il mare al mio fianco che corre insieme a me, essere semplicemente felice di tornare a casa con i piedi sporchi di sabbia, guardare dei bambini che guardano dei pesci, e altri bambini che un secondo prima erano a giocare con gli amici e quello dopo hanno solo messo le ciabatte e sono saliti in bici per andare a casa – tutti bagnati, sporchi, abbronzati, con il naso rosso e gli occhietti lucidi per il sole e la fatica. Pensare che avrei potuto essere io, una di quei bimbi, se i miei genitori non avessero preso quelle decisioni difficili, e dolorose, che i genitori sono spesso chiamati a prendere per il bene della famiglia. E il rimpianto per me, per la vita che avrei potuto avere (di cui questi ultimi due mesi sono stati un assaggio bellissimo – molto fiabesco, me ne rendo conto, ma bellissimo), non è nulla in confronto a quello per la vita che avrebbero potuto avere i miei genitori. Ma questa è la loro storia, e lascio che siano loro a raccontarla, e di inventarsi un plot-twist clamoroso, se vogliono.

Sogni e racconti, esperienze e desideri di una giovane editor.

Post scriptum: dopo la nostra chiacchierata Alessandra è entrata in una grande casa editrice, e adesso ci lavora.

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