Benvenuti al secondo numero del Bricolage letterario, ovvero l’angolo del racconto fai da te.

O meglio…Bentornati, cari lettori. Spero abbiate passato dei mesi piacevoli dall’ultima volta che ci siamo incontrati. Che abbiate letto ed esplorato, ascoltato musica e ballato. Che abbiate conversato a lungo col vostro maestro Jedi della scrittura, e che poi lo abbiate chiuso in uno stanzino in fondo al corridoio del vostro inconscio. 

Inizio ringraziando chi, fra di voi, ha risposto al mio strambo appello, inviandomi pensieri e racconti. Sarò felice di condividerne alcuni con voi nei prossimi giorni, nella speranza di spronare altri a scrivere. Ringrazio anche chi non mi ha ancora inviato nulla: è da voi che mi aspetto di più, chi resta in silenzio aspetta forse solo il giusto momento per parlare.

 L’angolo del racconto fai da te è di nuovo qui per accogliervi, popolato da esseri volitivi ed irrequieti, gli aspiranti scrittori, gli artisti del fine settimana. Quando la porta dell’ufficio si chiude, la serratura della macchina scatta, e si parte a tutto gas alla volta di casa, ecco il momento in cui inizia la vera letteratura. Riprendete il vostro blocco per appunti, dunque, e fate una capatina al tavolino delle bevande. 

Iniziamo col tracciare, ciascuno sui propri fogli, due linee convergenti in un punto. Disegniamo una primitiva vetta alpina, la cima di una montagna stilizzata. Immaginiamoci ai piedi di quella cima, visualizziamo il percorso di fronte a noi. Ci servirà per la regola di oggi

Una volta fissata l’importanza di un maestro a cui ispirarsi, l’autorevole señor Quiroga, nostro compagno di scoperta, ci propone infatti di riflettere su un altro aspetto: la difficoltà, agli inizi della nostra carriera letteraria, di saper misurare i nostri limiti.

Guardandoci attorno, abbiamo tanti, troppi stimoli. Ci sentiamo invasi dal desiderio di narrare, ci perdiamo nella smania di produrre qualcosa di nostro, noi che siamo appena nati dal vuoto di qualcun altro, da un maestro con cui vogliamo competere. 

Siamo come maratoneti all’inizio di una gara, ma come lanciarsi nello scatto iniziale? Come allenare i propri muscoli creativi per durare, per non inciampare al primo ostacolo? E, soprattutto, verso quale meta correre? Prima di iniziare a scrivere, è forse opportuno rifletterci su. 

Fra le parole di L’arte di correre di Haruki Murakami ho sempre scovato, a questo proposito, alcuni dei suggerimenti che ancora oggi mi accompagnano, una vera e propria guida all’endurance letteraria. Sarà perché, correndo, mi sono venute in mente molte storie… 

Quando corro, semplicemente corro. In teoria nel vuoto. O viceversa, è anche possibile che io corra per raggiungere il vuoto. In quella sospensione spazio-temporale, pensieri ogni volta diversi si insinuano naturalmente nel mio cervello. È naturale, perché nell’animo umano non può esistere il vuoto assoluto. […]

Scrivere […]  è un po’ come correre una maratona, la motivazione in sostanza è della stessa natura: uno stimolo interiore silenzioso e preciso.

Maratona, silenzio, concentrazione, vuoto… Sono solo alcune delle parole che mi vengono in mente quando penso ai racconti di Murakami. Alcuni mi hanno segnato per la vita, altri mi hanno lasciato interdetta. Ma non posso fare a meno di restare colpita da quest’uomo austero, che corre il tratto che separa Maratona da Atene, alzandosi all’alba, per poi regalarmi una delle descrizioni più belle della Grecia (che non ho mai visto) nel romanzo La ragazza dello Sputnik. 

Siamo alle pendici della nostra cima, all’inizio della nostra maratona. Di fronte, un unico obiettivo: saper costruire realtà con le nostre parole. Alla fine, non ci aspetta gloria, né fama, ma la soddisfazione di una scalata in solitaria, di un urlo nel vuoto. Prima o poi faremo leggere il nostro racconto a qualcuno, potremmo pavoneggiarci, arrabbiarci se ci vengono fatte correzioni. Ma la strada è ancora lunga.

Ora bisogna fare nostro il perentorio comandamento di Quiroga, maestro zen d’oltreoceano:

Credi che la tua arte sia una cima inaccessibile. Non sognare di domarla. Quando lo potrai fare, lo farai senza saperlo tu stesso…e quindi, aspiranti Murakami, restate umili! 

Come scalatori e corridori silenziosi, esercitiamo i nostri sensi, affastelliamo confusamente scene su scene per il nostro racconto. Individueremo poi il nucleo (la fine!) e, da lì inizieremo il lavoro. 

Personalmente, quando ho voglia di scrivere inizio facendo una lunga passeggiata o, se riesco, una corsa. Ascolto, osservo, sto zitta. Poi prendo appunti, faccio liste di cose che ho visto. Inizio così, a volte mentre sono in fila al supermercato, e tornando a casa penso e ripenso ad un dettaglio, un frammento da cui partire. Da lì, mi tocca scalare, scattare. Trovare le parole. Ma questo, cari lettori, lo vedremo nelle prossime puntate…

E voi, che cosa vedete in cima alla vostra montagna, alla fine della vostra maratona? Quale strategia migliore per concentrarvi, al momento di scrivere? Vi aspetto alla mail raccontofaidate@palinwebmagazine.it

Raccontatemi, senza limiti di spazio, del vostro workout letterario.

Racconto consigliato del mese: Yesterday, H. Murakami (gratuito, in inglese Yesterday | The New Yorker


Fonti:

Horacio Quiroga, Manual del perfecto cuentista, 1927
Haruki Murakami, L’arte di correre, 2007


0 Comments

Lascia un commento

Avatar placeholder

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *