Quali cure esistono ad oggi contro il Covid? Una delle strategie di maggior successo è stata l’adozione degli anticorpi monoclonali, molecole sintetizzate in laboratorio che ricalcano l’azione dei nostri stessi anticorpi.  

A molti di noi sarà capitato di dover assumere un farmaco per curare, o almeno affievolire (si spera) un qualche sintomo. Alcune persone purtroppo però si accorgono molto presto che l’uso di farmaci non è esente dallo sviluppo di effetti collaterali, a volte anche molto fastidiosi. Nei mesi precedenti alla comparsa del vaccino è capitato spesso di sentir parlare di cure e farmaci più o meno efficaci nel contrastare l’infezione da Covid-19: tra tutti quelli usati però un grosso successo è stato attribuito agli anticorpi monoclonali, evidenziando profondamente come queste molecole stiano diventando sempre più influenti in ambito farmacologico. 

Ma cos’è di preciso un anticorpo monoclonale e come funziona? Per spiegare meglio questi aspetti dobbiamo partire da quello che succede nel nostro corpo quando entriamo in contatto con un batterio o con un virus. Ogni batterio e ogni virus, infatti, possiede delle specifiche proteine (chiamate antigeni) esposte sulla membrana plasmatica (o envelope, nel caso di un virus); queste proteine specifiche vengono riconosciute dai linfociti B del nostro sistema immunitario, che cominciano a produrre una quantità elevatissima di anticorpi, piccole molecole a forma di Y, che amplificano ulteriormente la risposta immunitaria al fine di eliminare completamente l’agente che ha causato l’infezione. Questo è un processo di difesa molto importante per noi, ma richiede un po’ di tempo (qualche giorno) per completarsi e perfezionarsi.  

Quando si utilizzano anticorpi monoclonali il meccanismo che si mette in atto è simile a quello che accade fisiologicamente; la differenza sostanziale sta nel fatto che gli anticorpi monoclonali non vengono prodotti dai nostri linfociti, ma sono creati in laboratorio (a partire comunque da cellule viventi) e successivamente somministrati all’uomo. L’uso di questi particolari anticorpi offre diversi vantaggi: innanzitutto, gli anticorpi monoclonali permettono di avere una risposta rapida e selettiva nei confronti di un agente infettivo (sia esso un batterio o un virus). Questo è sicuramente uno degli aspetti più importanti, perché la velocità con cui l’organismo comincia a combattere gli agenti infettivi è cruciale nel processo di guarigione. Inoltre, esercitano meno effetti collaterali rispetto ad altri farmaci perché hanno un’azione estremamente mirata. Non sorprende quindi che siano stati usati sin da subito per la cura di pazienti le cui condizioni erano particolarmente gravi e allarmanti. Un grande limite di questi farmaci è invece che risultano essere efficaci solo nelle prime fasi dell’infezione da Covid-19, proprio perché accelerano la risposta immunitaria iniziale, ma possono fare ben poco se la situazione è ormai compromessa. 

Per capire ancora meglio come funzionano gli anticorpi dobbiamo considerare la loro forma tridimensionale. Gli anticorpi, come detto, hanno una forma che ricorda quella di una Y: le due braccia orizzontali della Y legano l’antigene (a sua volta legato al batterio o al virus in questione), mentre il corpo della Y può legarsi a recettori appositi posti sulla membrana delle cellule immunitarie: queste cellule garantiscono l’eliminazione dell’agente patogeno. 

Nel caso del Coronavirus, l’antigene è rappresentato dalla proteina Spike, la stessa proteina che permette al virus di infettare le cellule polmonari causando le gravi polmoniti interstiziali di cui tutti abbiamo sentito parlare. In molti casi sono stati usati anticorpi monoclonali in grado di legarsi a porzioni leggermente diverse della proteina Spike, in modo da avere a disposizione farmaci efficaci anche se dovessero verificarsi delle mutazioni nella struttura della proteina. 

Sono stati prodotti anche anticorpi monoclonali in grado di legarsi al recettore ACE presente sulle cellule polmonari: questo perché se il recettore è ‘occupato’ dall’anticorpo, non sarà disponibile per legarsi alla proteina Spike, evitando così l’ingresso del virus nella cellula.

Nel corso di questi ultimi due anni sono stati molti gli approcci adottati per garantire a quanti più possibile una cura efficace contro il Covid e questo evento ha messo in risalto come, delle volte, per prendersi cura di qualcosa o di qualcuno, sia necessario saper fare squadra con altre persone, usare un po’ di creatività per trovare soluzioni a nuovi problemi e avere la costanza necessaria per andare avanti nonostante i possibili insuccessi.    

di Gaia Brunori


Fonti:

Fabio Celotti, Patologia generale e fisiopatologia, Edises, Napoli, 2013 
Marco Tuccori, Sara Ferraro, Irma Convertino, Emiliano Cappello, Giulia Valdiserra, Corrado Blandizzi, Fabrizio Maggi & Daniele Focosi (2020), Anti-SARS-CoV-2 neutralizing monoclonal antibodies: clinical pipeline, in «mAbs» , https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/19420862.2020.1854149
Balamurugan Shanmugaraj, Konlavat Siriwattananon, Kittikhun Wangkanont, Waranyoo Phoolcharoen, Perspectives on monoclonal antibody therapy as potential therapeutic intervention for Coronavirus disease-19 (COVID-19) in «Asian Pacific Journal of Allergy and Immunology», http://apjai-journal.org/wp-content/uploads/2020/03/2.pdf
Illustrazione in copertina di Claudia Corso

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