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Ci sono malattie che colpiscono un numero piccolissimo di persone e diagnosticarle, studiarle e soprattutto curarle può essere molto difficile. A volte queste malattie sono legate ad alterazioni nel nostro DNA; oggi è finalmente possibile in alcuni casi correggerle, grazie a terapie avanzatissime che costituiscono così una vera e propria cura. 

Anna Greco ne ha parlato con il professor Paolo Gasparini, specialista in Genetica medica ed ematologia, direttore scientifico facente funzione all’IRCCS Materno-infantile ‘Burlo Garofolo’ di Trieste e professore ordinario di Genetica Medica all’Università di Trieste.

Professor Gasparini, cosa intendiamo quando parliamo di malattie genetiche rare?

La definizione di malattia rara non è ancora ben codificata. La rarità viene stimata in base al numero di casi per numero di nati vivi o per numero di abitanti, ma c’è una grande variabilità: ci sono malattie rare che hanno frequenze di uno a mille abitanti, uno a diecimila o uno a centomila. Le malattie rare legate alle mutazioni genetiche sono per lo più malattie genetiche cosiddette ‘mendeliane’, ovvero che vengono trasmesse secondo le leggi di Mendel. La trasmissione può avvenire da genitori portatori sani, come nel caso della fibrosi cistica o dell’anemia mediterranea, oppure da un genitore malato, che trasmette l’anomalia genetica al cinquanta per cento dei propri figli, come per la neurofibromatosi. 

Quando si può parlare di cura per una malattia genetica rara e quando invece si parla di terapia? 

Con l’avvento di terapie innovative è finalmente possibile curare alcune malattie genetiche rare: terapia genica e editing genomico offrono la possibilità di correggere completamente l’alterazione genetica e quindi di curare il paziente. Negli ultimi anni, poi, sta aumentando il numero di farmaci innovativi che permettono di migliorare le condizioni di vita di molti malati e dei loro familiari, tenendo a bada la malattia o risolvendone alcuni aspetti fondamentali.
Ad oggi, esistono terapie geniche già in uso per malattie come l’immunodeficienza congenita, alcune malattie metaboliche e del neurosviluppo, mentre il genome editing è una tecnologia di frontiera, molto più avanzata e sofisticata, ma anche più economica rispetto alla terapia genica tradizionale. 
Uno dei principali problemi delle terapie geniche in uso, infatti, è il loro costo, che è elevatissimo, nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro, anche milioni.
È un paradosso: abbiamo fatto una fatica immane a studiare e comprendere il genoma umano, decodificandolo, abbiamo fatto degli sforzi incredibili per capire le cause delle malattie genetiche rare, oggi abbiamo in molti casi la cura ma non sempre la possiamo utilizzare. 

Come funziona la terapia genica? 

Per realizzare la terapia genica vengono utilizzati vettori virali nei quali viene inserito il gene ‘normale’, che nel paziente è alterato e causa la malattia. Il vettore virale agisce come un sistema di trasporto, portando all’interno delle cellule il gene sano che sostituisce il gene mutato, alterato, che non funziona più. È un percorso semplice a descriversi, ma difficile da realizzare. I vettori virali di nuova generazione hanno un’efficacia di trasferimento, ovvero una capacità di entrare nelle cellule, molto più elevata rispetto al passato e hanno anche meno effetti collaterali. 
La terapia viene somministrata una sola volta nella vita: inserendo nella cellula del malato il gene normale, di fatto correggiamo la mutazione genetica. Poi c’è un processo di follow up: sia le aziende produttrici che i medici che trattano i malati sono tenuti a monitorare nel tempo l’efficacia della terapia. Il controllo continuo e sistematico dei pazienti è essenziale; non esistono dati a lunghissimo termine ma sappiamo che mediamente tra i 10 e i 20 anni c’è ancora una piena efficacia del trattamento.

Come si individuano i pazienti che possono sottoporsi a terapia genica? 

In linea di principio, per tutti malati per i quali esiste una terapia genica testata ed efficace è possibile sottoporsi al trattamento. Spesso i pazienti sono bambini: per curare malattie neuromuscolari o metaboliche, bisogna intervenire subito, prima che la malattia si manifesti e porti a dei danni irreversibili. Questo spesso obbliga a interventi nei primissimi mesi di vita, e richiede quindi una diagnosi molto precisa, accurata ma allo stesso tempo precoce. 

Quali sono le modalità e i tempi per ottenere una diagnosi di malattia genetica rara? 

Oggi moltissimi centri, come quello in cui lavoro, si avvalgono di tecnologie così sofisticate e rapide che è possibile eseguire una diagnosi accurata in poche settimane di analisi. Tali tecnologie richiedono l’acquisizione di strumentazioni complesse e in rapida evoluzione, e comportano la presenza di team multidisciplinari, in cui si affiancano il bioinformatico, il biologo, il biotecnologo e il medico, insieme al tecnico, concorrendo a interpretare i dati per eseguire una diagnosi corretta, che viene poi analizzata, confermata e validata da uno specialista in genetica medica.  

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