Palin parla con Marilù Casini, ricercatrice a Valencia e divulgatrice per passione.
Chi ha detto che la Scienza è una roba noiosa e ostica?
Marilù Casini, «ricercatrice in fuga di professione e divulgatrice per passione», sicuramente parte dall’idea opposta.
Dopo una laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università di Firenze e un tirocinio post-laurea in Germania, Marilù attualmente vive e lavora a Valencia grazie a un PhD europeo tra Spagna, Olanda e Regno Unito, dove sta svolgendo ricerche sulla fibrillazione atriale insieme ad altri giovani ricercatori europei.
Oltre alla carriera accademica, Marilù Casini ha anche una grande passione per la divulgazione scientifica, che porta avanti sin dagli anni universitari attraverso eventi e che oggi ha portato anche sui social network, dove ha creato una vasta community grazie al tono spassoso e ironico dei suoi video.
Filippo Dodero l’ha raggiunta telefonicamente, in una breve pausa dal lavoro.

La prima cosa che si nota guardando un po’ il tuo profilo e i tuoi contenuti è di certo la tua grande passione per la divulgazione. Quanto ritieni sia importante, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo?
Una scienza senza comunicazione è una scienza d’élite e che non può dare nessun progresso alla nostra società. Io credo che la nostra società abbia bisogno di un continuo dialogo fra scienza e cittadini, per il bene di entrambi. Un dialogo costruttivo, con apertura all’ascolto, rispetto e umiltà da entrambe le parti.
A proposito di ciò, molti in Italia hanno già effettuato la prima o anche la seconda dose del vaccino anti-Covid, ma ancora non tutti sono proprio convinti della sua efficacia. Quale consiglio ti senti di dare a chi è ancora scettico?
Purtroppo, nel mondo di oggi siamo continuamente sommersi da notizie affidabili e non, o ancora peggio, notizie che si focalizzano su una mezza verità. In questi casi il mio più grande suggerimento è quello di affidarsi alle fonti ufficiali o a notizie che riportano gli articoli scientifici a supporto di quello che scrivono. Difatti, andando a vedere sul sito ufficiale dell’EMA (European Medicines Agency), ci viene spiegato per filo e per segno come sono stati condotti gli studi sui vaccini per verificare la loro efficacia e sicurezza, inoltre viene anche sottolineato quanto i benefici siano estremamente superiori dei rischi. Se poi i dubbi dovessero persistere, le persone possono facilmente trovarmi nelle varie piattaforme social e sarò più che disponibile a rispondere alle domande.
In questi ultimi giorni hai affrontato anche il tema della bioetica relativo all’introduzione del green pass. Cosa ne pensi al riguardo?
È un tema molto delicato, io personalmente sono favorevole poiché nella situazione in cui siamo il bene comune supera il principio del bene individuale, ma ovviamente con qualche accorgimento: in primis occorre avere un sistema di funzionamento estremamente efficiente (sistemi informatici funzionanti, vaccinazioni veloci e per chiunque voglia vaccinarsi, controlli e le verifiche del green pass…) e prevedere soluzioni alternative per chi non può o non vuole vaccinarsi, come ad esempio il tampone, che però non può costare cifre spropositate ma deve essere alla portata di tutti.
Oltre la tua attività sui social, attualmente ciò di cui ti occupi è lavorare con le cellule staminali per la fibrillazione atriale. Puoi spiegarci in parole povere di che cosa si tratta e a che punto è la ricerca in questo campo?
Il mio scopo è quello di ricreare in laboratorio cellule di cuore partendo da cellule staminali pluripotenti indotte, questo mi permetterà di ottenere delle cellule umane di cuore senza dover chirurgicamente aprire un paziente, estrarre del tessuto cardiaco e isolare le sue cellule… direi è molto conveniente! No? Una volta ottenute queste cellule poi dovrò riprodurre in queste la fibrillazione atriale e, una volta riuscita nell’intento, questo sarà il mio modello per testare nuovi farmaci contro questa aritmia. La scoperta di queste cellule è avvenuta nel 2006, da pochissimo, ma ha completamente rivoluzionato la ricerca e aperto un sacco di possibilità di studi. Ci sono ricercatori, come il mio vecchio Professore in Germania, che stanno cercando di ricreare tessuti di cuore (ma non solo) con queste cellule per la rigenerazione di un cuore infartuato, ma la strada da fare è ancora lunga! Il mio Professore, ad esempio, è appena entrato in fase clinica I, ma non è detto che riuscirà nel suo intento.
Sei sempre stata appassionata di scienza o c’è stato un momento particolare in cui hai capito che questa sarebbe stato il tuo percorso?
Ogni volta che mi viene fatta questa domanda mi viene in mente il discorso della Professoressa e Senatrice a vita Elena Cattaneo. Al quarto anno dell’Università la invitai per fare un intervento durante un evento organizzato da noi studenti. Il modo in cui lei parlò della scienza, della ricerca e delle cellule staminali mi catturò e lì capii che quella sarebbe stata la mia strada.
Spesso la scienza appare come un campo ostico e difficile da affrontare, soprattutto per coloro i quali non la masticano tutti i giorni. Il tuo modo di fare divulgazione, in modo schietto e un po’ ironico è uno strumento che però sembra essere efficace. Quanto è importante una buona capacità comunicativa per un progetto di divulgazione come il tuo?
Una buona capacità comunicativa credo che sia la base. Ma questo non significa che tutti i divulgatori debbano essere schietti e ironici come me, anzi! È bene che ci sia diversità fra di noi, perché il mio stile può non piacere ad altre persone ed è giusto che queste trovino divulgatori che abbiano uno stile comunicativo che arrivi anche a loro.
Tra mondo del lavoro e social media, cosa ti piacerebbe fare e quali sono attualmente i tuoi progetti per il futuro?
Una volta finito il PhD non credo continuerò nel mondo della ricerca, man mano che vado avanti noto che l’accademia e il laboratorio forse non sono il posto adatto a me. Molto probabilmente mi butterò a capofitto nella comunicazione e divulgazione scientifica. Un mio piccolo (grande) sogno sarebbe quello di poter fare un documentario con interviste ai ricercatori italiani che lavorano a giro per il mondo. Ovviamente con il mio stile autoironico e una risata qua e là fra un’intervista e qualche video di cellule. Voi lo guardereste?
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