Per chi è nato e cresciuto in una società consapevole, anche se sorda, dell’emergenza ambientale e climatica, immaginare il futuro ha sempre corrisposto a immaginare una società sostenibile, pulita, armonica. Il futuro presuppone ormai la necessità di cambiare paradigma energetico: meno consumi, emissioni e sprechi, più energie rinnovabili, recupero dei rifiuti, maggiore efficienza. Recentemente anche le classi politiche sembrano essersene accorte, e in tutto il mondo si cercano soluzioni. Ma la società globale ha bisogno di una reazione decisa per raggiungere l’obiettivo… e forse la reazione è stata trovata!

Lentamente, negli ultimi anni, i popoli e la politica si stanno accorgendo di quanto sia urgente cambiare modello energetico, e in tutto il mondo si assiste a un’accelerazione nella produzione di energie rinnovabili. Ma cos’è precisamente l’energia rinnovabile? Possiamo davvero sperare di soddisfare il nostro bisogno energetico solo grazie ad essa?

Innanzitutto, le fonti di energia dette ‘rinnovabili’ sono tutte quelle che possono, appunto, rinnovarsi all’interno della scala temporale umana, essendo pressoché inesauribili. Energie a basso impatto ambientale e senza rischi per la salute umana e l’ecosistema. Purtroppo, però, possono non essere abbastanza.

Le più importanti energie rinnovabili (eolica, idroelettrica, solare) coprono in Europa soltanto il 10% circa del fabbisogno energetico comunitario. Per ambire all’indipendenza dalle fonti non rinnovabili e inquinanti come i combustibili fossili e nucleari dovremmo decuplicarne la produzione. È un’impresa titanica, soprattutto se si pensa al fatto che l’Europa è uno dei continenti più all’avanguardia dal punto di vista della sostenibilità energetica, con eccellenze sparse in tutto il Continente[1] [2].

L’intenzione non è quella di sminuire la necessità e l’utilità delle fonti rinnovabili che sono anzi fondamentali. Hanno solo bisogno di una piccola mano, così piccola da risiedere appunto nel più piccolo elemento presente in Natura: l’idrogeno.

L’idrogeno (H2) ha attirato l’attenzione, ormai da qualche decennio, per via della sua enorme disponibilità (è l’elemento più presente nell’Universo) e per la sua grande potenzialità come vettore energetico. È usato questo termine, invece del più comune fonte di energia, perché in effetti non è l’idrogeno in sé e per sé a produrre energia, ma le reazioni esotermiche che può generare. In altre parole, ‘bruciare’ idrogeno dà energia proprio come la combustione di carburanti come il petrolio. Il dispositivo abile a far reagire l’idrogeno e a convertirlo in energia è chiamato cella a combustibile al cui interno avviene una semplicissima ossidoriduzione – come quelle che si studiano al liceo – rappresentabile attraverso due reazioni parziali:

  • Ossidazione dell’idrogeno all’anodo: H2→2H++2e-
  • Riduzione dell’ossigeno al catodo: ½O2+2H++2e-→ 2H2O
Cella a combustibile ‘PEM’

Il guadagno di energia detta ‘libera’ a seguito di queste reazioni sarebbe pari a circa 237 kJ/mol (kiloJoule per moli d’acqua prodotta) che, se convertito in voltaggio, equivale a circa 1.23 V. Se questi numeri suonano un po’ oscuri, si può ragionare in termini di calore emesso durante la reazione: l’idrogeno emetterebbe tre volte più calore del petrolio[3]. In più, la produzione sarebbe totalmente non inquinante in quanto, come si vede dalle reazioni in alto, l’unico prodotto sarebbe della semplice acqua pura (H2O). Un altro punto a favore delle celle a combustibile rispetto ai tradizionali motori a scoppio alimentati da combustibili fossili consisterebbe nell’efficienza: la cella a combustibile è un motore elettrico e, in quanto tale, non incorrerebbe nelle limitazioni imposte dal Ciclo di Carnot come nel caso dei motori termici come quello a scoppio, il cui rendimento è limitato dalle temperature in ingresso e in uscita. Questo porterebbe le celle a combustibile a rendimenti al di sopra del 50% e, in alcuni casi, fino all’80% mentre i motori a benzina e diesel si attestano più o meno tra il 30 e il 40% (per le temperature a cui operano).

Pila – motore a scoppio. Fonte: Treccani.it

I condizionali appena usati sono però d’obbligo in quanto l’idrogeno è un combustibile difficile da trattare in tutte le fasi della produzione energetica, come la sintesi dell’idrogeno stesso, il suo immagazzinamento (storage), il trasporto e infine la reazione chimica capace di produrre energia (in copertina) per realizzare ciò che viene chiamato comunemente ciclo dell’idrogeno. Da almeno tre decadi la comunità scientifica si sforza quotidianamente di ottimizzare ogni passo del ciclo, riunendo competenze che vanno dalla chimica pura all’ingegneria energetica, dalla scienza dei materiali agli impianti elettrici industriali.

La reazione stessa infatti trova nella riduzione dell’ossigeno una sorta di barriera da superare piuttosto significativa, chiamata in gergo barriera di potenziale, che ne limita il rate (tasso di reazione). Questa proprietà purtroppo ne abbassa le reali prestazioni, arrivando a generare voltaggi tra lo 0.6 e 0.9 V o anche minori in caso di correnti elettriche più elevate. Per mitigare il problema, il catodo conduttivo nella cella va arricchito con catalizzatori che ne aumentino la reattività (abbassino insomma la barriera di potenziale) e quindi le prestazioni. I metalli nobili come il platino, ad esempio, hanno un’ottima efficacia in tal senso, ma sono così costosi da costringere gli addetti ai lavori a grandi sforzi per ridurre al minimo gli sprechi (economici e ambientali).

Efficienza voltaggio. Fonte: Treccani.it

Anche l’utilizzo dell’idrogeno, elemento principale coinvolto nel ciclo, non è privo di inconvenienti. Come poter convogliare, immagazzinare e trasportare infatti l’elemento più leggero e reattivo dell’Universo?

È così poco denso che un serbatoio di idrogeno pressurizzato ha una capacità energetica di circa sette volte minore di un serbatoio di pari volume pieno di benzina! Questa sua caratteristica tuttavia non è eccessivamente limitante in particolari applicazioni di ‘grandi dimensioni’, come i grandi impianti industriali o i motori di un aereo, mentre potrebbe essere assolutamente sconveniente applicare un serbatoio di idrogeno in un’autovettura di modeste dimensioni. Infine, altri problemi di infiammabilità e cattura vanno tenuti in considerazione tramite l’uso di materiali porosi ed ignifughi.

Soprattutto, però, sta creando grossi problemi la sintesi dell’idrogeno in maniera sostenibile. L’obiettivo comune è quello di isolare l’idrogeno dall’acqua (per completare così il ciclo, essendo l’acqua anche il prodotto finale) in una reazione chiamata elettrolisi utilizzando energia rinnovabile, come l’eolica o la solare. L’idrogeno prodotto in questa maniera è chiamato idrogeno verde ed è l’obiettivo numero uno nelle agende politiche di tutti i Paesi avanzati, tanto da essere citato anche dal nostro nuovo Ministro alla Transizione Ecologica Roberto Cingolani nel suo primo discorso alle Camere[4]. L’idrogeno verde corrisponde per ora solo al 2% di quello prodotto, che viene per il resto principalmente ottenuto tramite sintesi dai combustibili fossili: idrogeno grigio o blu. Ovviamente, questi altri ‘colori’ dell’idrogeno hanno un impatto ambientale significativo che non può essere sostenuto.

L’ultimo passo da compiere è proprio questo: implementare fonti di energia rinnovabile combinandole con la produzione di idrogeno per ottenere finalmente un ciclo globale di produzione energetica totalmente pulito, sostenibile e praticamente inesauribile; obiettivo sempre più vicino grazie alla drastica riduzione dei costi di produzione delle energie rinnovabili[5].

Nonostante i problemi elencati, la ricerca scientifica ci ha portati ad un passo dall’obiettivo. Di fronte all’epocale problema ambientale, siamo riusciti a reagire e trovare quella che sembra una via d’uscita. La nostra salute, il nostro stile di vita e tutto il pianeta possono essere salvati. Raccolta differenziata dopo raccolta differenziata, pannello fotovoltaico dopo pannello fotovoltaico, reazione dopo reazione.


Fonti:
[1]  Fuel cells and Hydrogen Joint Undertaking
[2] Anmar Frangoul, Orsted to link a huge offshore wind farm to ‘renewable’ hydrogen production, CNBC, 1/04/2021 
[3] World Nuclear Association
[4] Cingolani l’ambiguo, tra idrogeno verde e fusione nucleare, «Il manifesto», 17-03-2021
[5] I ‘colori’ dell’idrogeno nella transizione energetica, EAI ENEA 2/2020
[6] The Future of Hydrogen – seizing today’s opportunities, Report by the IEA


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