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Viviamo una realtà in cui lo stereotipo influenza la quotidianità. Questo limita la possibilità di vivere la propria realtà come lo si desidera per paura dello ‘stigma’. Persino ai colori vengono riservate specifiche letture, proprio come alle persone.

Il viola è il colore che per la psiche esprime la conciliazione di opposti e la ricerca di nuovi equilibri. Nasce dall’unione del rosso che simboleggia forza ed energia e del blu, emblema di calma e malinconia. Il viola è il colore della metamorfosi, di congiungimento, di armonia tra opposti. La realtà che ci circonda è ricca di colori brillanti che catturano la nostra attenzione e attivano pensieri e ricordi. La psicologia ha studiato la profondità del significato dei colori, intrinsecamente connesso alla sfera emozionale e alle esperienze personali; il colore è un linguaggio capace di attivare sensazioni e pensieri, ha un forte valore simbolico dipendente dalla storia e dalla cultura del soggetto.

Ma le stereotipie costruite nel contesto sociale intaccano la percezione che abbiamo di alcune specifiche realtà, ancorandosi agli schemi mentali che costruiamo quotidianamente e conserviamo in memoria. Basti pensare all’utilizzo del colore nel neuromarketing, il quale studia come utilizzare i colori per attivare specifiche realtà emozionali nell’acquirente, attaccandosi agli stereotipi sociali conservati nelle strutture mnestiche dell’essere umano. Fiocco rosa o fiocco azzurro? Quale si sceglie per il neonato? La nostra cultura ci suggerisce che per una bambina si acquista il nastro rosa mentre per un bambino il nastro azzurro. Nessuna legge o vincolo però lo impone, allora cosa ci spinge a farlo? Semplicemente, la nostra cultura. Questa, sin dalla nascita, ci spinge a distinguere ciò che deve essere per ‘femmine’ da ciò che deve essere per ‘maschi’. Le generazioni nate a partire dagli anni Sessanta sono portate a conservare e condividere tale distinzione a causa della spinta dei commercianti, a partire dagli anni ’40, a consolidare tali stereotipi con lo scopo di vendere i prodotti. Prima non era così, basti pensare all’antica Roma, dove il rosa era il colore utilizzato dagli uomini.

Paoletti dice che a seguito del movimento di liberazione della donna, la moda della fine degli anni Sessanta/inizio anni Settanta vide un aumento negli indumenti unisex per i bambini. Tuttavia, rosa e blu tornarono a metà degli anni Ottanta, con lo sviluppo del test prenatale. I genitori potevano ora scoprire se stessero per avere un maschio o una femmina e potevano, quindi, preparare la stanza con i colori ‘appropriati’.
Hartmann, 2011

Tale suddivisione non è altro che l’ennesimo prodotto di processi che hanno condotto alla definizione e alla stabilizzazione di gender norms ancora attive e diffuse. Quante volte sarà stato impedito ad un bambino di fare danza classica, o ad una bambina di giocare a calcio? Nel secondo decennio del ventunesimo secolo sono ancora presenti residui di un pensiero conservatore che vede la donna ai fornelli, l’uomo al lavoro e la famiglia composta solo da uomo e donna. E se alcuni possono pensare che tutto ciò sia ormai superato, difficilmente molte persone sarebbero realmente disposte a immaginare e accettare, ad esempio, un uomo con indosso un abito ‘da donna’ nel quotidiano senza deriderlo o giudicarlo.

Identità sessuale, identità di genere, ruolo di genere, orientamento sessuale. Sono termini utilizzati di frequente nel quotidiano, ma chi conosce realmente il loro significato? Che cos’è l’identità di genere?

Forse è il caso di spiegare, a tal proposito, il concetto tanto discusso di gender riferito al carattere femminile o maschile di una specie, la sua associazione al sesso dato alla nascita. La coincidenza tra genere e sesso di un individuo lo definisce come cisgender; quando il genere assegnato alla nascita non corrisponde con il genere con cui ci si identificala si parla di transgender. Il concetto di identità di genere non si rifà alla sfera biologica, al sesso di nascita, non riguarda l’orientamento sessuale; si distacca dalle stereotipie e dai preconcetti sociali, non si categorizza. L’identità di genere è il senso di appartenenza di un individuo ad un genere nel quale si identifica. Questo fa sì che, in alcuni casi, l’identità di genere non corrisponda all’idea di genere che la società ha costruito creando una serie di categorie che non fanno parte dell’ordine binario riconosciuto dal mondo euro-occidentale.

Abbiamo la pretesa di classificare, associare, strutturare il reale in confini specifici, dimenticando molto spesso la naturale molteplicità del reale. In natura non esistono colori stereotipati, non esistono classificazioni di genere. Esiste solo naturale bellezza.


Fonti:

Il colore del sesso: il genere e i suoi stereotipi, Antro di Chiarone, 4/03/2016

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