METAMORFOSI (dal gr. μεταμόρϕωσις ‘trasformazione’; ted. Verwandlung). È, conforme all’etimologia, la trasformazione di un oggetto in un altro e soprattutto dell’uomo in animale, in pianta, in pietra, in astro e viceversa.
Recentemente mi sono imbattuto nella lettura di un saggio di letteratura molto interessante, dal titolo Canone Ambiguo della letteratura queer italiana, di Luca Starita. Un saggio che si configura ibrido tra la saggistica e il racconto di un viaggio nella propria coscienza e nei propri recinti identitari. Un tentativo (lodevole) di legare la queerness alla letteratura.
Secondo l’autore, è necessaria un’operazione di queering della letturatura italiana proprio perché viviamo in un contesto resistente o riluttante al queering, allo ‘strano’, al diverso.
Mai mi sarei aspettato di essere gay, e tuttora non sono poi così convinto di esserlo fino in fondo. Ho vissuto una decina di anni in una città di provincia dove, apparentemente, le persone omosessuali esistevano tanto quanto i mostri e le sirene.
Se poi ad accompagnare il viaggio del lettore c’è un certo Pier Vittorio Tondelli, allora il risultato è più che assicurato. In questo ruolo di ‘Virgilio’ della letteratura italiana del Novecento, Tondelli è il compagno che guida Starita. Egli indica come esista una letteratura «anarchica, scorretta, mostruosa» all’interno di un’apparente omologazione di genere: una produzione eccentrica, spesso sottilmente camuffata nei segni della convenzione, e perciò studiata e insegnata in modo soltanto parziale.
In questo percorso che alterna drammaturgia e saggio critico, l’autore si serve delle teorie queer per smascherare i velati silenzi di chi, attraverso i propri testi e mai in modo esplicito, ha cercato di esprimere il proprio orientamento sessuale, la propria libertà di genere, o più semplicemente la propria esistenza fuori dalla norma e dal canone.
Segno dei nostri tempi, sicuramente, che indica come molte delle rielaborazioni di concetti politici e sociali, come quelli di ‘classe’, ‘razza’, ‘genere’, stiano cambiando la nostra percezione di europei e di occidentali. Non per ribaltare ed eludere tradizioni secolari, la cui operazione avrebbe il sapore di anacronistico, pensiamo al fenomeno della Cancel Culture, ma per scavare le palinodie del sistema e risaltarne le complesse multiformità interne.
Come scrive Dipesh Chakbrabarty, uno degli autori più originali dell’elaborazione filosofica contemporanea, capace di unire le teorie di Marx e di Heidegger in uno dei lavori che più segnano il pensiero dei nostri tempi, Provincializzare l’Europa,
In qualunque parte del mondo ci troviamo, è impossibile pensare il fenomeno della modernità politica – la presenza di istituzioni moderne quali lo stato, la burocrazia e l’impresa capitalistica – senza ricorrere a categorie e concetti che affondano le radici nelle tradizioni intellettuali, e perfino teologiche, europee.
E ancora:
La moderna critica sociale delle caste, dell’oppressione delle donne, della mancanza di diritti da parte delle classi operaie e subalterne […] è in realtà, la stessa critica del colonialismo. Io stesso scrivo all’interno di questa eredità.
Nel mese della Metamorfosi e dell’Identità, Palin si è immerso tra le correnti fresche del cambiamento, cercando di coglierne l’essenza dei nostri tempi. Il tema della metamorfosi si presta ad essere rappresentativo della deriva che il nostro presente ha assunto rispetto al lungo passato patriarcale ed eurocentrico che ha contaminato tutto il pianeta fin dagli albori dell’età moderna e di cui al giorno d’oggi si subiscono le conseguenze. Queste passano per l’assunzione di ‘parola’, to speak scriveva Gayatri Spivak, nel discorso pubblico di una certa parte di categorie subalterne.
Evitando di richiamare altri complessi concetti, (sicuramente Deleuze e il changing same, il medesimo che cambia, sarebbe utile al discorso) possiamo richiamarci ai miti del nostro passato comune, i quali raccontano, in un gioco di continue trasformazioni, il legame indissolubile che esiste tra gli stati e la loro trasformazione. Se pensiamo ad Ovidio, che con le sue Metamorfosi descrive il ciclo e la complessità di stati e forme che ogni cosa, ente ed essere si trova ad attraversare, allora potremmo ripartire da una piccola conquista. Nell’universo tutto cambia e tutto è unito. Ogni trasformazione, ogni metamorfosi è un raggiungimento di stato legato al prima e al dopo.