Palin parla con Edoardo Ferrerio, stand-up comedian italiano, per ragionare della comicità e i suoi utilizzi.
Cos’è oggi la comicità?
Se lo si chiedesse ai giovani, la risposta sarebbe quasi inequivocabilmente stand-up comedy. Nata in Nord America, la stand-up comedy è una nuova forma comicità, l’evoluzione del linguaggio comico che mescola arguzia, cultura, risata, intelligenza e temi politici e sociali senza mai scadere nel banale, riuscendo negli ultimi anni a farsi spazio nei gusti giovanili anche in Europa e in Italia.
Per capirne di più lo abbiamo chiesto a Edoardo Ferrario, uno dei volti più conosciuti e affermati nella stand-up comedy italiana. Romano classe 1987, negli anni si è cimentato in vari contesti e con vari mezzi: dai locali di Roma ai club e ai teatri, da YouTube alla radio e in televisione su varie emittenti tra cui la RAI, con lo spettacolo Diamoci un tono e il talk show ‘alternativo’ Paese Reale.
Ha anche all’attivo un romanzo, Siete persone cattive – Storie comiche di mostri italiani, edito da Mondadori.
Salvatore Bruno lo ha raggiunto per una chiacchierata.
Cos’è la stand-up comedy per Edoardo Ferrario? E come nascono le idee per gli sketch e gli spettacoli?
La stand-up comedy è una forma di comicità molto diretta, penso sia un linguaggio contemporaneo e efficace per parlare con il pubblico. Ho iniziato a farlo una decina di anni fa ed è diventato lo stile in cui preferisco esibirmi. Le idee per sketch e spettacoli nascono dall’osservazione: se sento qualcuno dire una frase che mi colpisce o comportarsi in maniera imbarazzante, mi viene voglia di raccontarlo al pubblico, in forma di monologo o di sketch.
Sei tra gli esponenti più noti della stand-up comedy nel nostro Paese ma anche il primo stand-up comedian italiano ad approdare su Netflix con Temi Caldi, spettacolo nel quale filtri svariati temi con la tua lente da trentenne.
Qual è secondo te il ruolo principale della satira e della comicità in generale in un Paese come l’Italia?
La comicità, in qualsiasi parte del mondo, è sempre un punto di vista del comico sulla realtà. Il comico racconta il paese con il suo sguardo e può sfruttare la risata per diversi scopi: denunciare il potere, raccontare la propria inadeguatezza o le assurdità delle vite degli altri. Credo che l’unico dovere di un comico sia quello di essere sincero con sé stesso e scrivere nel modo più originale possibile.
La stand-up comedy nasce in America e qui da noi è diventata un fenomeno dilagante solo da un po’ di anni a questa parte.
Pensi che la comicità sia un linguaggio capace di parlare a tutte le latitudini?
Penso di sì: amo vedere spettacoli di comici provenienti da tutti i paesi del mondo, e io stesso sono rimasto sorpreso da quante persone mi abbiano scritto dall’estero dopo aver visto il mio show Temi caldi su Netflix, che è stato distribuito in 190 paesi. La comicità, più di altri linguaggi, dimostra quanto le persone si comportino nello stesso modo, e quanto le esperienze siano condivisibili al di fuori del proprio gruppo.
Nel 2019 hai avuto modo di portare la tua stand-up in salsa italica anche all’estero e fuori dall’Europa.
Come viene percepita la comicità italiana fuori dal Bel Paese? Siamo ancora in preda a stereotipi o qualcosa è cambiato grazie al nuovo modo di raccontarla?
Nel 2019 mi sono esibito ad Amsterdam, Londra e Berlino, con spettacoli in italiano per i residenti all’estero e in inglese per il pubblico internazionale. L’Italia è un paese ricco di storia, la nostra cultura è conosciuta ovunque e il pubblico straniero, quando sul palco sale un italiano, vuole sempre che gli racconti della mamma e della pizza. Ma proprio perché la comicità è sempre più internazionale, le connotazioni legate esclusivamente agli stereotipi si stanno perdendo: oggi è molto più facile far ridere un pubblico internazionale senza sembrare un personaggio de Il Padrino.
Di sicuro, tu come altri tuoi colleghi state un po’ svecchiando il modo di ridere e, perché no, anche far riflettere.
Qual è il tuo rapporto con la tradizione comica italiana e romana in particolare?
Sono cresciuto guardando Verdone e Guzzanti, ho sempre amato quella tradizione comica italiana che predilige l’osservazione del personaggio. Per questo anche Paolo Villaggio e Antonio Albanese hanno rappresentato dei miti per me. Roma poi è un teatro a cielo aperto: essendo una città che ti mette costantemente sotto stress, la comicità non è semplicemente un linguaggio, diventa una necessità di vita. In effetti penso che a Roma il comico migliore sarà sempre il barista sotto casa. È una città dove tutti hanno una visione cinica della vita, eppure la comicità si riesce sempre a rinnovare.
A dicembre è andato in onda The Arts Hour On Tour in Rome, show della BBC che ti ha visto tra i protagonisti scelti per lo show dell’emittente inglese che racconta il mondo dello spettacolo in diverse città ai tempi del Covid-19. Com’è andato per te quel periodo?
Il lockdown di marzo e aprile 2020 è stata un’esperienza inedita che ha colto tutti impreparati: io ho approfittato della reclusione per scrivere come un matto e in effetti ho finito il mio libro, ho realizzato ‘Paese Reale’ e il soggetto di un film. Paradossalmente ho accusato di più le chiusure dello scorso autunno e inverno: la sospensione delle attività nei teatri e nei locali mi ha tolto una delle parti che amo di più del mio lavoro. Per fortuna, da questa situazione di disagio è nato Cachemire podcast.
Tra i tuoi ultimi progetti c’è appunto ‘Cachemire – Un podcast morbidissimo’, creato e condotto insieme al tuo collega e amico Luca Ravenna e che il 5 giugno è diventato un live tour già quasi tutto sold-out partito con una doppietta al Covo Club di Bologna. Com’è nata l’idea?
Lo scorso ottobre ci siamo trovati a bere a San Lorenzo (quartiere di Roma, ndr), avevano appena richiuso i locali fino a data da destinarsi. La prospettiva di non esibirsi per mesi ci atterriva, per questo abbiamo cercato l’idea per un format che ci mantenesse a contatto con il pubblico e ci permettesse di continuare a scrivere materiale. Il podcast ci è sembrata la scelta più sensata e divertente. Siamo veramente felici della risposta del pubblico, che ci ha fatto arrivare primi su Spotify, e non vediamo l’ora di continuare con la naturale prosecuzione di questo nostro lavoro, cioè il tour dal vivo in cui coinvolgeremo il pubblico nello spettacolo.
Per concludere, dicci da cosa nasce la tua vocazione per la stand-up comedy e come si diventa oggi stand-up comedian.
Ho sempre voluto fare il comico, fin da quando ero piccolo: ho sempre amato l’idea di dire qualcosa che facesse ridere le persone. La stand-up comedy l’ho scoperta a 19 anni ed è stata una folgorazione, come ascoltare un pezzo rap per la prima volta. Dopo aver visto il primo video su Youtube, non vedevo l’ora di salire sul palco e provare a farlo anche io. Oggi la stand-up comedy è molto diffusa in Italia ed è probabilmente il linguaggio che un esordiente sceglie per iniziare. L’importante è parlare di sé stessi e non fingersi mai qualcosa che non si è: non bisogna guardare troppo lontano per cercare la comicità, le cose che fanno più ridere sono sempre successe nella nostra vita.

Foto nel testo: Liliana Ricci
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