Palin parla con Michelangelo Coltelli, direttore di BUTAC, la pagina facebook impegnata contro la lotta alla disinformazione, non solo scientifica, fondamentale in un periodo come quello che sta segnando i nostri giorni.
Michelangelo Coltelli è il direttore e il founder della pagina social BUTAC (o per intero ‘bufaleuntantoalchilo’), impegnata ormai da tempo nella lotta alla disinformazione scientifica e non solo, che specialmente nel momento così delicato che sta vivendo la nostra società, appare quanto mai fondamentale a causa della diffusione sempre più frequente di fake-news attraverso media e giornali. Michelangelo, raccontando a Palinmagazine la storia e la nascita di BUTAC, ci aiuta a scoprire l’importanza della verifica dei fatti e delle fonti o ‘fact-cheking’ come viene chiamato in ambito giornalistico, passando attraverso la deformazione della realtà causata dall’infodemia, neologismo dell’OMS definito come la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.
Ultimamente avete condiviso dei post in cui elencate le 5 regole del fact checking. Palin si basa sull’idea della realizzazione di contenuti culturalmente coerenti, forniti di fonti adeguate in ogni area e che si basino sulle competenze di ognuno. Quanto è importante essere una fonte attendibile in una società bombardata di continue informazioni tramite tv, radio e internet?
Una fonte attendibile è importantissima oggi, ma il problema principale è saperla riconoscere. È importante servirsi di fonti attendibili in un mondo come quello attuale, in questo mondo circondato dall’infodemia, dove ci raggiunge una quantità d’informazione tale, per cui facciamo fatica ad avere il tempo per verificare. Sarebbe importantissimo avere già una lista di fonti attendibili ma non è così facile ricavarla, perché purtroppo anche quelli che una volta erano ritenute tali, oggi per questioni legate principalmente alla crisi del mondo della carta stampata o alla crisi del giornalismo, non lo sono più, perché anche loro hanno disattenzione in quello che pubblicano, poca verifica, redazioni molto ridotte, ed anche testate giornalistiche più blasonate capita che pubblichino notizie che purtroppo possono generare confusione. Durante la pandemia l’abbiamo visto.
Ci racconti un aneddoto di quando e come è nato BUTAC?
Io sono stato per anni fra i pionieri della rete, ero consulente informatico aziendale e facevo siti internet già negli anni ’90, ma poi smisi seguendo un lavoro in un’azienda di famiglia… Quando è nato il mio primo figlio, nel 2011, mi sono reso conto che anche fra gli amici che frequentavo quotidianamente, circolavano notizie, in particolar modo su vaccinazioni e medicine, che erano in realtà delle bufale, ma io ero scettico. Da parte di mamma siamo una famiglia che lavora nel settore medico e inoltre mi ero informato, perché volevo che mio figlio fosse protetto e vaccinato. Inizialmente mi sono messo a fare dei post perché non volevo litigare con gli amici, non volevo attaccarli. Ho iniziato a fare dei post informativi sulla mia bacheca dove raccontavo: “questa notizia che è apparsa sui giornali è una bufala, perché non è vero che il vaccino causa l’autismo!” e così via… L’ho fatto per due tre mesi e qualche amico si è convertito iniziando a seguire me e non la disinformazione più attivista. Quando hanno iniziato a seguirmi anche altre persone ho aperto la pagina facebook, credendo rimanesse una cosa nel giro di amici, ma in sei mesi è arrivata a 10000 followers ed a quel punto avendo la capacità di sapere usare internet in una maniera più approfondita della maggior parte degli utenti, essendo stato consulente informatico aziendale ho detto: “Perché non aprire un blog e cercare di fare un po’ di corretta informazione?”. Il giornalismo è una materia che mi piaceva molto, ero un appassionato di informazioni e leggevo avidamente tutti i giorni ed un hobby è diventato un blog. Da zero siamo passati ad avere 15-20 mila lettori al giorno. All’inizio non avevo neanche la pubblicità sopra, ero anonimo e volevo rimanere una persona che faceva queste cose non per avere visibilità personale ma per senso civico. Poi mi hanno fatto capire alcuni amici, tra cui Paolo Attivissimo, mentore di tutti quelli che fanno fact checking online, che sarebbe stato meglio se ci avessi messo la faccia. L’ho fatto ma a quale punto ho dovuto metterci anche la pubblicità perché le querele e il blog che cresceva hanno voluto dire strumenti costosi e difficili da gestire. Lentamente siamo cresciuti e nel frattempo ci sono state persone di vario genere che mi hanno affiancato, specializzate in diversi tipi di materie: il dottor Petralina, con noi dal 2014, si è occupato per tanti anni di comunicazione medica su Butac, Noemi Urso, la mia caporedattrice, che corregge ogni singolo articolo, si occupa della moderazione, e non soltanto, perché con lei ho scritto il primo libro di Butac, a quattro mani ed è venuto, per noi, un ottimo libro. Per cui è un lavoro impegnativo, che non mi dà i ricavi di un lavoro, che m’impegna circa 6 ore al giorno 5 giorni alla settimana.
In questi anni avete tenuto diversi seminari, conferenze e laboratori nelle università e non solo. Quali sono le domande più dure a morire?
La domanda più di tutte dura a morire è: «chi ti paga?». È la domanda che mi fanno più spesso, anche durante i seminari all’Università. No, non mi paga nessuno, in caso contrario sarebbe molto meglio e magari avendo più fondi mi ci impegnerei ancora di più come tempo e come aiuti. L’altra domanda che mi capita spesso di sentirmi dire è «qual è la bufala più divertente che hai trattato?». Purtroppo, la parola bufale fa sorridere, molta gente vede le bufale come qualcosa di divertente. L’altra sera ho partecipato ad un webiner con un giornalista di La7 ed uno di famiglia cristiana, e io ero stato chiamato perché ‘bufaleuntantoalchilo’ è un nome che fa sorridere, che spezza la monotonia dove si parla di argomenti seri. A volte mi chiedono anche se ho una bufala divertente. Si è vero, all’inizio trattavano la Terra piatta, le scie chimiche che sono cose che fanno ridere. Ma quando poi ti rendi conto che i soggetti che vanno dietro queste cose sono gli stessi che invadono Capitol Hill, dove sono morte 6 persone, capisci che non sono solo persone che fanno sorridere, ma ci sono complottisti pesanti alle spalle di questi movimenti.
Qual è la fake news scientifica più assurda e che vi ha fatto arrabbiare maggiormente?
A mio avviso quella della Terra piatta è la più assurda di tutte, perché è un’idea che con gli strumenti a disposizione che chiunque può sfruttare, si è in grado di andare a sfatare. Invece purtroppo ci sono soggetti che, io inizialmente credevo davvero ci credessero ‘un tanto al chilo’, cioè che in realtà fosse solo una scusa per andare a manifestare. Invece no, c’è gente che ci crede per davvero, che si sono è fatta lavare il cervello da soggetti che li hanno accompagnati per mano in questo folle percorso dove ti raccontano che la Terra non è una forma sferica, ma è in realtà piatta con i Poli che fanno da muraglia, cose che negano la realtà scientifica dei viaggi nello spazio. D’altra parte per fortuna quelle della Terra piatta è una bufala scientifica assurda ma che non fa alcun danno. Quella che invece mi preoccupa, perché un po’ di danni li fa, è l’efficacia dell’omeopatia. Sappiamo di gente che purtroppo è morta perché si è curata da mali incurabili sfruttando l’omeopatia, velocizzando un processo che magari, grazie alla medicina vera, avrebbe potuto allungarsi piuttosto che accorciare.
Giustifico anche il padre o la madre che cercano un colpevole per la disabilità del figlio. Ma chi crede nell’omeopatia o nel terrapiattismo ha del tutto perso l’orientamento dal punto di vista scientifico.
Spiega a parole tue cos’è l’infodemia.
L’infodemia è un bombardamento d’informazioni, un numero d’informazioni troppo alto che circolano attorno il singolo lettore, rendendogli impossibile riuscire a distinguere quali siano le notizie verificate e quali no. Una pandemia causata dall’informazione dove il virus è l’informazione falsa che viene letta ed attecchisce un certo numero di lettori. Ormai poco conta che uno sia collegato su internet o guardi la televisione, l’infodemia ha colpito ovunque, la vediamo facendo zapping in tv, guardando i titoli giornalistici che a volte addirittura si contraddicono fra loro perché ognuno deve portare la propria opinione e non la verità nelle case dei lettori. È un malanno di quest’epoca molto più importante di quello che si vuole raccontare, le bufale, le fake news esistono da sempre, ma il problema non è quello, il problema è il titolo del giornale in cui si dice che il vaccino AstraZeneca non ha alcuna utilità (titolo di sabato scorso), ma dove all’interno viene detto che non ha alcuna utilità contro le forma moderate della malattia ma contro le forme gravi invece si, per cui l’utilità ce l’ha poiché se tu lo fai non finisci in terapia intensiva. Si trattava di una testata giornalistica italiana importante e poiché su cento lettori cinquanta leggono solo il titolo, si convincono che quel vaccino sia inutile. Questo è un danno grave causato da infodemia, perché pubblicare tante notizie troppo in fretta fa si che il titolista debba utilizzare un titolo per attirare il lettore.
Negli ultimi mesi si espande a macchia d’olio la disinformazione sui vaccini per il Covid-19. Come pensate si possa sensibilizzare al meglio sulla vaccinazione fra i più scettici?
Purtroppo nel nostro paese non siamo capaci. Quando io ero ragazzino c’erano le pubblicità progresso per spiegarci cos’era l’AIDS, qui in Italia ad ottobre avrebbero dovuto investire subito soldi e risorse, non soltanto economiche ma anche in termini di tempi, e realizzare una campagna pubblicitaria sia sui giornali sia nelle tv, dove spiegassero con soggetti con capacità comunicativa ed affinità con il pubblico, non mettere, ad esempio Roberto Burioni, che è un amico, una persona che io stimo molto, ma che non ritengo adatta a fare una comunicazione per convincere il dubbioso. Nessuno ha fatto nulla, anzi si lascia che tutti i giornalisti dicano la loro, ognuno a modo suo, ci sono canali televisivi dove la gente dice che i vaccini sono pericolosi e dove intervistano medici che dicono questo, canali nazionali, non canali provinciali o locali. Lo stesso succede sui giornali. Se lo stato avesse preso dieci personaggi vari, dallo sport alla scienza ma anche al mondo dello spettacolo, gli avesse dato dei messaggi fatti bene sulle vaccinazioni, secondo me questa resistenza al non vaccinarsi si sarebbe comunque evidenziata, gli antivaccinisti in italia sono tanti non ci possiamo fare niente, però sarebbe stata più ridotta. Invece gli antivax sono riusciti a preoccupare e disinformare anche soggetti che senza la loro comunicazione battente avrebbero fatto il vaccino senza problemi. Ho conoscenti con genitori sopra gli 80 anni che oggi hanno paura ma tre mesi fa dicevano non vedo l’ora che esca il vaccino. Usano tutte le metodiche dell’antivaccinista: il vaccino è troppo veloce, non si sperimenta ecc. Disinformazione messa in circolazione prima di tutto dagli antivax ma cavalcata da testate nazionali, media e altro.
