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L’Italia pullula di città d’arte consacrate al turismo, negando loro un’identità contemporanea. Può l’arte restituire ai suddetti luoghi un aggiornamento identitario tramite nuove pratiche artistiche?

L’estrema peculiarità italiana e una ricca e multidirezionale storia culturale hanno fatto sì che tale territorio fosse da sempre eletto meta idilliaca ideale per una sollecitazione estetica unica e incommensurabile. Numerose sono le città all’interno del territorio nazionale che possono vantare centri storici, patrimoni artistici, istituzioni museali, scorci e vedute celebri in tutto il mondo; città estremamente caratterizzate da un punto di vista artistico come quelle italiane, Firenze, Venezia, Roma, Napoli, Milano e altri numerosi centri del nostro Bel Paese subiscono le stesse dinamiche che ruotano attorno ai cosiddetti non-luoghi dell’antropologo francese Marc Augé.

Immagini come quelle del Colosseo, di Piazza San Marco, del Duomo, del David di Michelangelo rischiano di diventare una caricatura di loro stesse, svuotandosi del loro valore fisico per divenire un mito dell’immaginario collettivo rarefatto e destinato a un consumo di massa, peccando di immobilismo e riducendosi a sfondi fotografici o pubblicitari. In questo modo, la loro estrema specificità si trasforma in standardizzazione e la località tanto invocata da queste realtà rischia di svanire.

È come se certi ambienti ormai fossero e dovessero rimanere immacolati unicamente per essere set perfetti per selfie o stories di Instagram, senza prendere più in considerazione l’aspetto attivo della vita che si svolge all’interno di una città.

Alla luce di tali considerazioni si evince come all’interno del nostro territorio si manifesti costantemente un contrasto tra la città storica – o meglio ancora, storicizzata – e ciò che vorrebbe e dovrebbe essere la città contemporanea.

Nell’era della globalizzazione la città ha senza dubbio subìto cambiamenti radicali e repentini. La straordinaria quanto intangibile capacità di Internet di mettere in contatto tutto con tutti e la democratizzazione del sistema di trasporti aerei, avvenuta grazie alla capillare diffusione dei voli low-cost, sono solo alcuni dei fattori che hanno modificato in maniera radicale il rapporto degli uomini con il mondo contemporaneo; il cosmopolitismo diffuso ha fatto sì che il senso di appartenenza abbia assunto un valore rinnovato in virtù del fatto che ora è realmente possibile considerarsi cittadini del mondo. In tale prospettiva risulta evidente come una città storicizzata e cristallizzata nella sua immagine da copertina sia eccessivamente statica davanti alla dinamicità del mondo contemporaneo e rischi di perdere totalmente il legame con i suoi abitanti a favore di quello esclusivo con i suoi followers. Occorre perciò una riconfigurazione radicale della geografia culturale e umana affinché tale legame non si frammenti; a tale proposito l’arte può svolgere un ruolo centrale nella costruzione delle città contemporanee e del loro paesaggio.

Quest’affermazione non deve però essere considerata come una volontà di disseminazione più o meno casuale di opere d’arte contemporanea all’interno dei contesti cittadini. Troppo spesso si è assistito alla mera collocazione di sculture o installazioni delle cosiddette Drop Sculptures in piazze cittadine in nome della riqualificazione urbana o della contemporaneità. Le sculture collocate ‘a pioggia’ interagiscono con il luogo in termini esclusivamente formali: la loro apparente casualità di collocazione, mista a una radicale eterogeneità di stili, fa sì che non siano in alcun modo inseribili in un processo di aggiornamento identitario entrando anche loro in contrasto con l’identità contemporanea.
Per far in modo che l’arte possa ricoprire un ruolo così centrale deve mettersi in discussione e attivare un rinnovato e complesso rapporto tra artista e pubblico attivo, bisogna comprendere se l’arte possa essere o meno produttrice di luoghi e identità e in che modo gli spettatori-fruitori siano disposti a conferirle tale ruolo. Le opere d’arte possono divenire una vera occasione di aggiornamento identitario? Sì, solo se tale volontà si manifesta a partire dalla comunità e non piove dall’alto.

Si tratta senza dubbio alcuno di un nuovo modo di intendere la produzione artistica. L’arte si è trasformata, è evaporata in un processo che non viene completato dagli spettatori ma che risiede in essi. L’essenza dell’opera d’arte consiste nell’opportunità di confronto sociale, etico, politico e artistico creato dall’artista all’interno di una comunità; l’artista non deve solo limitarsi ad avere capacità tecniche ma deve anche essere abile nelle relazioni che intesse all’interno del contesto di lavoro. In una società liquida anche il lavoro artistico si dematerializza e solo così può essere un simbolo vero e autentico di una città contemporanea e, nel nostro caso, ancora più italiana, per far sì che l’arte in Italia continui a nascere in modo naturale, come scrive la storica dell’arte Laura Cherubini: «in Italia l’arte nasce in modo naturale, per noi l’arte fa parte della vita, è un fatto di tutti i giorni».

Targa posta sul muro posteriore dell’edificio dedicato alle prove del coro Vincenzo Bellini di Colle di Val d’Elsa in seguito ad un progetto di Alberto Garutti, Arte all’Arte 2000.

Fonti:

Costanzo Michele, Museo fuori dal museo. Nuovi luoghi e nuovi spazi per l’arte contemporanea, Franco Angeli, Milano 2007

Cristallini Elisabetta (a cura di), L’arte fuori dal museo. Saggi e interviste, Gangemi, Roma 2008

Evangelisti Francesco, Orlandi Piero, Piccinini Mario (a cura di), La città storica contemporanea, Edisai, Ferrara 2008

Kwon Mikow, One place after another. Site-specific Art and Locational Identity, MIT Massachusetts Institute of Technology, Cambridge 2002

Lacy Suzanne, Mapping the terrain. New Genre Public Art, Bay Press, 1994

Mancini Maria Giovanna, L’arte nello spazio pubblico. Una prospettiva critica, Plectica, Salerno 2011

Pinto Roberto, Nuove geografie artistiche – Le mostre al tempo della globalizzazione, Postmedia Books, Milano 2012

Zuliani Stefania, Esposizioni. Emergenze della critica d’arte contemporanea, Bruno Mondadori, Milano 2012

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