Nell’agorà del XXI secolo, i social media, ci capita spesso di imbatterci in aspri dibattiti, dovuti a visioni del mondo totalmente opposte che entrano in collisione. Come è possibile che all’interno di uno stesso contesto sociale le posizioni siano così lontane?
Con il termine metamorfosi si indica una «modificazione strutturale o funzionale di un organismo vivente»; in campo mitologico ne esistono due forme, una temporanea e una definitiva. Mentre la metamorfosi temporanea coinvolge le divinità e gli esseri sovrannaturali, la metamorfosi definitiva presuppone un cambiamento radicale, che colpisce la struttura o la natura biologica dell’uomo e che ha come conseguenza la nascita di un nuovo ordine cosmico. Da questa definizione è dunque possibile comprendere che la metamorfosi è una costante della storia dell’essere umano, che trova, a seconda delle epoche, spiegazioni differenti: l’individuo si trasforma continuamente, così come il cosmo.
Se nei tempi antichi si delegava la responsabilità di un cambiamento alla divinità, oggi si riconosce a tutti gli effetti il peso dell’agire umano. Si attribuisce, dunque, all’essere umano la capacità di avere controllo sulla propria vita e quindi di determinare, attraverso i suoi comportamenti, la struttura della società in cui vive; ma allo stesso tempo l’individuo viene plasmato dalle strutture sociali. Questa è la base della teoria dell’habitus di Bourdieu: incorporiamo i modelli comportamentali che la società ci mostra, ma siamo anche creatori di quei modelli. È possibile quindi affermare che la metamorfosi di una società è conseguenza (ma anche causa) di una metamorfosi individuale.
Ma cosa spinge l’uomo a cambiare le sue strutture e a ricercare un ordine nuovo? Come l’antropologia ci insegna, non esiste una risposta unica; osservare quello che ci circonda ci permette di elaborare diverse ipotesi.
La società di oggi è una società in continuo cambiamento, reso tangibile grazie anche ai social media, che ci permettono di ampliare il nostro campo di studio, dandoci modo di osservare non solo il locale, ma anche il globale, in maniera semplice e veloce. Il social, come una sorta di agorà del XXI secolo, è un luogo di dibattiti a cui prendono parte utenti di diverse età. La reazione a una notizia, a una foto, a un video ci può raccontare molto sulla mentalità di chi interagisce e ci può suggerire come una società sta cambiando; il social pone sotto i riflettori, soprattutto riguardo alcune tematiche, un enorme gap generazionale, ‘sintomo’ di una metamorfosi radicale e permanente.
La faida fra i boomers (appellativo ironico usato per definire i nati tra il 1946 e il 1965) e l’I-Generation (la generazione nata tra il 1996 e il 2015) su alcuni temi attuali è ormai un must dei social network. Temi quali gender equality, identità di genere, cambiamento climatico, vengono visti e trattati in maniera completamente diversa da queste due generazioni, identificabili come i due estremi di questo filo del cambiamento. La I-Generation, e in particolar modo i nati dopo il 2000, prende posizioni più nette e radicali, esigendo ad esempio un cambio della lingua e della scrittura, come l’uso dell’asterisco o dello ɘ al posto del maschile quando si parla sia di uomini che di donne, o come l’introduzione del pronome ‘loro’ (they/them) per chi non si identifica in un genere binario, o ancora l’attenzione sempre più preponderante al politicamente corretto. Queste nuove esigenze destano polemica nelle generazioni precedenti, in particolar modo in quella dei nati durante il Baby Boom, che pur condividendo alcune lotte (di cui magari sono stati promotori in gioventù), faticano a riconoscere legittime altre richieste.
Ma se le lotte sono partite da quella generazione, perché esiste questo gap?
La metamorfosi sociale è un processo lento, scatenato da un evento storico, una manifestazione, un fatto del passato, che con il tempo si diffonde fino a insinuarsi nelle strutture della società. Ed è qui che il gap si realizza: le lotte di oggi sono le lotte di ieri, gli ideali di oggi sono gli ideali di ieri, ma essi sono più radicati, sono incorporati in maniera diversa dalle nuove generazioni.
Quello che stiamo vivendo adesso è forse l’apice della metamorfosi, ovvero il momento in cui i giovani, che hanno osservato i genitori e i nonni lottare per le basi di una nuova tolleranza ed equità, hanno una consapevolezza maggiore, così come maggiore è il loro ruolo politico e decisionale: ha dunque inizio la realizzazione di un nuovo ordine cosmico che vede quelle novità fuori dagli schemi come fulcro delle nuove decisioni politiche.
Partendo da queste premesse, è possibile immaginare il futuro che ci aspetta, un futuro che continua a porre l’individuo al centro del dibattito, ma lo pone come un protagonista nuovo, diverso dal precedente: non è più un individualismo che pensa alla conquista del proprio bene economico e sociale, ma un focus sull’individuo che lotta per la difesa delle proprie libertà e diritti (e di quelle degli altri) e che viene identificato innanzitutto come essere umano, mettendo da parte qualunque altra etichetta o categoria.
Fonti:
Ugo Fabietti, Storia dell’antropologia, terza edizione, Zanichelli, Bologna 2011
Istat 2016. ‘Classifica Delle Generazioni’
‘Metamorfosi’. n.d. Enciclopedia Treccani online. link: https://treccani.it/enciclopedia/metamorfosi/
Emily A. Schultz, Robert H. Lavenda, Antropologia culturale, edizione italiana a cura di Manuela Tassan, terza edizione, Zanichelli, Bologna 2015