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Ogni tanto sentiamo il bisogno fisiologico di fermarci un attimo e osservare quanti colori, sfumature, tonalità diverse ha lo spazio intorno a noi: oscuro o luminoso, brillante o opaco. Basta poco per notarlo e chiedersi la stessa cosa che si chiese tanti anni fa Sir Isaac Newton: da dove provengono l’ordine e la bellezza che vediamo nel mondo?

Una delle prime cose che si tende a insegnare ai bambini, attraverso giochi e disegni, è proprio la distinzione dei colori.
In maniera intuitiva, si impara ad associare ognuno di essi a qualcosa di specifico: l’azzurro al cielo, il verde ai fili d’erba, il rosso al vestito di Babbo Natale, il giallo ai taxi americani. Sembra tutto così semplice, intuitivo e visibile nel mondo che abbiamo intorno, ma la realtà è ben lontana dall’essere così metodicamente percepibile e ciò diventa chiaro dal momento in cui non ci si accontenta più di una risposta puramente soggettiva a quelle domande, anche semplici, in cui l’intuito finisce per sbattere contro il muro della percezione sensoriale. Se, per esempio, ci chiedessimo di che colore è il mare, ovviamente risponderemmo blu, che è indubbiamente la risposta giusta. Ma quando viene sera e la luce del sole inizia a scomparire, possiamo dire lo stesso? Come cambia la visione dei colori attraverso la luce? Cosa fa sì che un colore sia diverso da un altro?
Per rispondere a tali domande dobbiamo definire, parlando nel linguaggio della Fisica, il concetto di colore, partendo però da ciò che sta alla base di esso: la luce.

La scoperta della natura della luce ha una lunga storia, essendo uno di quei fenomeni di cui l’uomo si chiede da sempre il funzionamento; le prime ipotesi di cui si ha notizia risalgono infatti al naturalismo dell’antica filosofia greca. Ciononostante, solo in epoca moderna ci furono le prime teorie strutturate, anche se in particolare fu Newton il primo che, nel XVII secolo, formulò l’ipotesi ‘luce come corpuscolo’ (piccola particella di materia), smentita però qualche anno dopo da Huygens, che a riguardo sul grande scienziato inglese disse:

Stimo molto la sua scienza e la sua sottigliezza, ma, a mio parere, egli le ha usate male, allorquando egli indaga cose poco utili, o costruisce su un principio poco verosimile come quello dell’attrazione.

Egli spiegò infatti la riflessione e la rifrazione, fenomeni tipici delle onde, e in seguito Thomas Young fece lo stesso con l’interferenza e la diffrazione, dimostrando quindi la natura ondulatoria della luce in contrapposizione a quella corpuscolare. Questo significa che la luce si comporta proprio come un‘onda marina, ma invece che nel mare al tempo si pensava che il mezzo in cui si propagasse fosse una sostanza denominata “etere”, che avrebbe dovuto permeare tutto lo spazio. Alla fine del XIX secolo Maxwell identificò le onde luminose come radiazione elettromagnetica, unificando fenomeni elettrici, magnetici e ottici. A questo punto potremmo anche ritenerci soddisfatti, avendo acquisito la conoscenza necessaria al proseguimento dell’articolo, ma tralasciare le conclusioni riguardo tale scoperta scientifica sembra inappropriato. Infatti è nel Novecento che fu completato il quadro, con due scoperte fondamentali: la prima è la possibilità della luce di propagarsi anche nel vuoto, che fece cadere l’ipotesi di esistenza dell’etere, la seconda è invece il dualismo onda-particella, cioè il fatto che la luce non si comporti sempre e solo come un’onda; alcuni fenomeni infatti sono spiegabili attribuendole una natura corpuscolare; in particolare essa è costituita da quei pacchetti di energia chiamati fotoni. Ciò deriva dall’interpretazione quantistica della scoperta dell’effetto fotoelettrico di Einstein.
Adesso che abbiamo un’infarinatura generale sulla fisica riguardante la natura della luce, è ora di rispondere alle domande che ci siamo posti sopra, sulla nostra visione a colori del mondo circostante.

I colori non sono una proprietà intrinseca di un oggetto, ma rappresentano la luce emessariflessa o trasmessa a una specifica lunghezza d’onda che i nostri occhi percepiscono attraverso i fotorecettori, cioè i neuroni ottici che si trovano sulla retina. Questo significa che ogni colore corrisponde alla percezione del cervello di un’onda elettromagnetica che oscilla a una precisa frequenza. In realtà, quelli che vediamo non sono molto spesso colori puri, bensì una sovrapposizione di lunghezze d’onda (per i meno esperti: per quel che riguarda la luce, lunghezza d’onda e frequenza sono due facce della stessa medaglia). Per luce s’intende quella radiazione che va dal rosso al violetto, corrispondente ad una lunghezza d’onda da circa 400 nm a 700 nm (1 nanometro = 0,000000001 metri) e rappresenta la parte visibile di quello che viene chiamato ‘spettro elettromagnetico’. Esso comprende in realtà un intervallo molto più grande di radiazioni, anche se solo una piccolissima parte è visibile all’occhio umano, ed è diviso in bande: onde radio, microonde, infrarossi, visibile, ultravioletto, raggi x, raggi gamma. Rimanendo comunque nel range di radiazioni che possiamo osservare, troviamo anche il bianco e il nero, inappropriatamente definiti colori, che rappresentano rispettivamente l’insieme della luce a tutte le frequenze e la mancanza della stessa.

Sui meccanismi principali grazie ai quali i colori si rivelano ai nostri occhi, a intervenire sono la riflessione diffusa e l’assorbimento della luce sulle superfici, mentre la diffusione della luce solare è il motivo per cui il cielo ci appare azzurro. Calandoci più nello specifico, il Sole è una sorgente che emette luce a ogni frequenza, quindi bianca, come già spiegato, irradiando le molecole solide e di acqua della parte alta dell’atmosfera, che hanno una grandezza comparabile con la lunghezza d’onda della luce azzurra, che viene quindi diffusa in tutte le direzioni, coprendo il cielo stellato di giorno. Ciò avviene per un fenomeno conosciuto in fisica come ‘Rayleigh scattering’. Al contrario, le radiazioni di lunghezza d’onda maggiore, come il rosso, non interagiscono con le particelle dell’aria ma le attraversano, ed è proprio per questo che il Sole ci appare quasi giallo. Al tramonto invece, i raggi solari sono radenti alla Terra: il cammino ottico della luce nell’atmosfera è maggiore e solo la luce rossa/arancione riesce a penetrare fino in fondo negli strati più bassi, colorando così ai nostri occhi il cielo in quella direzione.

Il mondo sembra essersi adattato alla sensibilità degli esseri viventi, insomma, permettendoci tramite numerosi effetti e fenomeni di porre lo sguardo su di esso.
Sull’argomento luce, non si può non concludere alla perfezione citando nuovamente il caro Einstein:

La gioia nell’osservare e nel comprendere è il dono più bello della natura.


Fonti:
Einstein, A. (2010). Il mondo come io lo vedo [1934]. Il significato della relatività – Il mondo come io lo vedo, 180
Richard P. Feynman, QED: The Strange Theory of Light and Matter, Princeton University Press, 1988
Landau, Lev Davidovich, Evgenii Mikhailovich Lifshitz, Teoria dei campi, Riuniti, 1996

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