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Per produrre gli oggetti che usiamo tutti i giorni l’utilizzo di macchine automatiche è indispensabile. Come si sono sviluppate queste macchine negli anni? E, soprattutto, qual è stato, qual è e quale sarà il loro rapporto col lavoro dell’uomo?

Uomo-macchina è un binomio che negli ultimi decenni sta diventando sempre più importante e simbiotico, basti pensare alla presenza in ogni grande industria moderna di un settore automatico.

L’inizio di una relazione stretta tra lavoro umano e lavoro macchina può esser fatto risalire all’ideazione della catena di montaggio da parte di Henry Ford, un processo di assemblaggio teso ad ottimizzare il lavoro umano in maniera tale da ridurre il tempo totale di produzione del singolo pezzo, rendendo possibile una efficiente produzione in larga scala.

Da quel lontano 1913 ai giorni nostri vi è stato un grandissimo sviluppo tecnologico che ha completamente ridefinito il mondo del lavoro industriale.

Nei primi anni ’20 il lavoro umano era decisamente preponderante e ancora largamente fisico, in quanto nella catena Ford l’unico accenno di automazione industriale consisteva in grandi linee di trasferimento, necessarie per portare il prodotto in lavorazione da un reparto tecnologico a un altro.

È intorno agli anni ’50 e ’60 che si sviluppano i primi veri e propri sistemi di automazione, con l’avvento di sistemi di controllo, prevalentemente circuiti logici, in grado di gestire macchine e processi, riducendo sensibilmente il bisogno dell’intervento umano. Infatti già da quegli anni i macchinari erano in grado di sostituire l’uomo nell’esecuzione di operazioni ripetitive e in alcuni casi complesse, ed anche in lavori dove era richiesta una necessaria precisione.

Nell’ultimo decennio, con lo sviluppo di sistemi avanzati di controllo, vi è stato poi l’avvento di quella che viene definita la quarta rivoluzione industrialel’industria 4.0. La chiave dell’industria 4.0 sono i sistemi cyberfisici (CPS), ovvero sistemi fisici che sono strettamente interconnessi con sistemi informatici e, cosa fondamentale, possono a loro volta interagire con altri CPS. L’obiettivo ultimo dell’industria 4.0 è quello di fondere in un unico impianto tutte le tecnologie necessarie per la realizzazione di un prodotto e di rendere questo impianto abbastanza flessibile per la strategia di produzione della mass customization.

La comparsa dell’automazione industriale ha avuto un enorme impatto sul lavoro e sui lavoratori. La maggior parte delle aziende introducendo sistemi di fabbricazione automatica ha necessariamente ridotto la manodopera e si sono aperti, di conseguenza, diversi interrogativi sulle competenze richieste ai lavoratori e sulla qualificazione del lavoro.

L’influenza crescente dell’automazione ha indotto diversi studiosi a interrogarsi sugli effetti che si sarebbero ripercossi nel mondo del lavoro. Federico Butera, grande sociologo e dirigente aziendale, nel 1990 individuò diverse tesi circa questo binomio.

Tra le più interessanti si può citare la tesi pessimistica, secondo cui l’automazione porterebbe una diminuzione dell’occupazione e una dequalificazione del lavoro degli operai e degli impiegati. Questa tesi parte dal presupposto che queste nuove tecnologie evidenzino in maniera sempre più netta la differenza tra i lavori di pianificazione, controllo, ideazione e sviluppo e il lavoro di esecuzione, mettendo sempre più differenza tra lavoratori ‘superqualificati’ e la maggioranza dei lavoratori dequalificati.

In contrapposizione con questa, Butera fece anche una tesi ottimistica, secondo la quale l’automazione contribuirebbe a contrastare la banalizzazione del lavoro e allevierebbe l’esistenza di lavori pesanti e rischiosi per la salute dell’uomo. Dunque, alla evidente riduzione della manodopera richiesta si opporrebbe la crescita di nuovi mercati e nuovi lavori.

L’incertezza e le contrapposizioni che esponeva nelle sue tesi Butera trent’anni orsono non trovano risposta nemmeno oggi.

Nel The future of jobs report 2018 (World Economic Forum 2018) viene mostrato come ancora non ci sia un pensiero univoco sul futuro del lavoro con l’industria 4.0, ma vengono comunque sottolineati gli aspetti positivi.

Infatti, nel panorama dell’industria 4.0 sembra chiara la necessità di nuove competenze e nuove posizioni lavorative; c’è da aspettarsi una forte crescita nelle famiglie professionali di ingegneria, informatica e matematica, cui fa da controparte un moderato calo nei ruoli di produzione e un significativo declino nei ruoli di ufficio e amministrativi.

In ultima analisi, l’aumento della domanda manifatturiera, soprattutto per prodotti con una base tecnologica, fa sperare positivamente in un miglioramento dell’attività produttiva, in cui ormai è abbastanza chiaro che si punti ad una integrazione tra lavoratori e parte robotica e non alla sostituzione pura della forza lavoro. A riprova di quanto detto possiamo citare l’esempio di Amazon, dove, a fronte di una collocazione di 45.000 robot è prevista l’assunzione di 100.000 persone qualificate, soprattutto nei reparti di gestione logistica (Reuters, 2017).

Sicuramente il rapporto tra uomo e macchina è destinato a raggiungere nuovi steps con il passare degli anni e a creare nuove insicurezze nei lavoratori, ma c’è la fiducia che questo binomio porti vantaggi notevoli nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni.

Fonti:

Butera, Il castello e la rete: impresa, organizzazione e professioni nell’Europa degli anni ‘90, Franco Angeli, Milano, 1990
The future of jobs report 2018, World Economic Forum 2018

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