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Il caos è parte di te: contieni più frattali di quanti tu possa immaginarne, e no, non sto parlando dei broccoli che hai mangiato a pranzo. Per dire: ne stai usando uno per capire cosa ho scritto.

1961, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge. Hai una vita tranquilla e ti guadagni da vivere applicando la matematica alla meteorologia. Siedi davanti al tuo computer, 360 chili di avanzata tecnologia[1], e stai aspettando i risultati di alcune innovative simulazioni per predirre il meteo dei giorni a seguire. Vuoi avere la certezza che il picnic del prossimo weekend non salti a causa della pioggia, quindi fai ripartire la simulazione ripartendo da dei dati precedentemente ottenuti e scopri il caos. No, sul serio, il caos deterministico è stato scoperto così, per caso, da Edward Norton Lorenz, nelle circostanze appena descritte (picnic a parte, quello l’ho inventato, ma non mi sorprenderebbe se fosse la verità). Dopo due anni di dubbi sul corretto funzionamento della sua macchina, di tentativi di replicazione e di formalizzazione del fenomeno, Lorenz pubblicherà l’articolo Deterministic Nonperiodic Flow, fondando ufficialmente la teoria del caos.

Ma cosa successe davvero quel giorno? Per cercare soluzioni approssimate delle equazioni che componevano il modello di Lorenz, i conti necessari venivano svolti dal computer con una precisione di sei cifre dopo la virgola, mentre i risultati venivano stampati sul nastro con sole tre cifre decimali. Quando il nostro matematico avviò la simulazione con i dati stampati sul nastro credeva di ottenere dei risultati paragonabili a quelli ottenuti nel seguito della simulazione originale, ma la piccola differenza tra i diversi punti di partenza (cioè l’assenza delle tre cifre decimali più a destra) portò, in pochi passi, a previsioni estremamente diverse da quelle originariamente ottenute. Tale proprietà, chiamata dipendenza notevole dalle condizioni iniziali, riassume efficacemente la teoria del caos, ed è proprio così che lui stesso lo descrive:

Caos: quando il presente determina il futuro, ma un’approssimazione del presente non determina con buona approssimazione il futuro.

Mai sentito parlare dell’effetto farfalla? Fenomeno molto citato nella cultura pop, metafora ottima per video motivazionali scadenti, consta nella sua formulazione base dell’idea che il battito d’ali di una farfalla possa scatenare un tornado dall’altra parte del mondo, proprio modificando una cifra decimale, probabilmente molto a destra della virgola, di uno degli input del modello. Ora, è indubbio che sia molto d’impatto… ma perché proprio la farfalla? Perché non uno starnuto, accompagnato dal consueto (mutatis mutandis) «starnutisci responsabilmente»? Beh, perché nel 1972 Lorenz non consegnò in tempo il titolo di una sua presentazione presso una prestigiosa conferenza, e l’organizzatore, evidentemente un genio del marketing, lo scelse per lui! Mi piace credere che il buon Edward avrebbe scelto lo starnuto.

Se rappresentiamo le traiettorie trovate dall’algoritmo di Lorenz di uno dei suoi modelli più semplici nello spazio tridimensionale, partendo da punti anche molto vicini tra loro (come aveva fatto lui, credendo che il risultato non ne risentisse), otteniamo linee infinite che non s’incontrano mai e compongono, dopo un dato tempo iniziale, disegni incredibili che vi consiglio di non perdere!

Ciò che continua a stupirmi di questa storia è che non c’è nulla di casuale nell’intero processo descritto: ciò che rende impredicibile il futuro del modello è solo ed esclusivamente l’impossibilità di conoscere con precisione infinita il presente, e tutto ciò, il più delle volte, è reso possibile da strutture frattali sottostanti.

Frattale è un termine coniato dal matematico Benoit B. Mandelbrot nel 1975 e si riferisce solitamente a insiemi dotati della proprietà dell’auto-similarità, ovvero contenenti, al loro interno e a diverse scale, insiemi simili a parti dell’originale. Se vuoi capire meglio reggiti forte, pensare che tutto ciò è frutto di una semplicissima equazione potrebbe farti sbarellare: non c’è trucco, non c’è inganno, garantito.

Una delle caratteristiche che hanno reso così popolari i frattali, oltre alla loro spettacolarità, è il fatto che bastano poche e semplici regole per ottenere strutture complesse, spesso frequenti in natura: i versanti delle montagne e i corsi d’acqua hanno strutture frattali, così come i rami degli alberi, i lampi e il broccolo romanesco. Studi più recenti evidenziano come la struttura frattale delle connessioni sinaptiche tra neuroni, così come quella dei polmoni e del nostro sistema circolatorio, permettano al nostro DNA di immagazzinare le informazioni necessarie in maniera estremamente compressa ed efficiente, tecnica di cui abbiamo subito riconosciuto l’efficacia e che abbiamo applicato, ad esempio, alla compressione di immagini.

Insomma, oggi abbiamo imparato che il caos in matematica è tutt’altro che insidioso, che la natura ha ancora tanto da insegnarci, e che procrastinare è un’ottima scelta, soprattutto se hai amici che con i titoli ci sanno fare!


Fonti:
LGP-30, ultima consultazione il 20/07/2021 
Are there other Chaotic Attractors?
Mandelbrot Zoom 10^227
A. Gupta, Fractal Image Compression, ultima consultazione il 20/07/2021 
J. Briggs, Fractals: The Patterns of Chaos: Discovering a New Aesthetic of Art, Science, and Nature (A Touchstone Book), Echo Point Books & Media, Brattleboro, Vermont, 2015

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