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Le radiazioni elettromagnetiche sono sempre intorno a noi, ma non sono tutte uguali. Potremmo dire che ci sono tante radiazioni e altrettanti quesiti: che differenza c’è fra le radiazioni? Quali sono i rischi per la salute dell’uomo? È vero ciò che si dice sulla nuova connessione dati 5G? Quanto c’è di scientificamente provato?

Radiazione. Per chiunque mastichi un po’ di vocabolario scientifico, questo è un normale e innocuo termine d’uso. Allargando però il suo raggio a quella che è la maggioranza delle persone, ci si rende conto dello scetticismo che incute nella mentalità di molti: solo a sentirlo pronunciare la mente va subito ai disastri nucleari di Chernobyl e della bomba atomica di Hiroshima, sfociando a volte persino in errate credenze popolari o addirittura logiche complottistiche.

Risulta perciò importante fare una distinzione per comprendere questa diversità di punti di vista. Partiamo proprio dalla definizione di radiazione:

Fenomeno di emissione e propagazione di energia secondo raggi che costituiscono il percorso di corpuscoli o la direzione di onde.

In particolare:

R. radioattive, radiazioni ionizzanti emesse da nuclei atomici quando subiscono trasformazioni strutturali, spontanee o provocate da reazioni nucleari.

Radiazioni sono quindi quei fenomeni, del tutto comuni all’esperienza umana come lo è la semplice luce, tra cui sono comprese anche le radiazioni radioattive (dette anche ionizzanti), altamente pericolose per gli organismi biologici e che possono generare danni sia somatici che a livello genetico.

Il mondo in cui viviamo è da sempre costituito dall’unione di materia e radiazione. Se oggi potessimo vedere tutte le onde elettromagnetiche intorno a noi, ci renderemmo conto che tra radio, televisioni, satelliti e via dicendo, ci troviamo immersi in un enorme campo di radiazioni, capaci o meno di interagire con la materia. La domanda che sorge spontanea è se tali interazioni possano causare danni biologici e se ciò dipende principalmente dall’energia trasportata o anche dalla durata del tempo di esposizione.

Nel 2019 è iniziata la distribuzione globale della rete a consumo dati di quinta generazione per la telefonia mobile: in breve, il tanto discusso 5G. Si narra di uccelli morti nelle regioni di installazione delle antenne, aumento dei casi di autismo, addirittura di un legame con il coronavirus e di un Bill Gates malvagio che mira allo sterminio di massa.

Ma quanto c’è di vero in tutto ciò? Anche in questo caso la cattiva informazione ha facilmente prevalso su quella scientifica (e corretta) ma per smentirla basta semplicemente informarsi sulle bande di frequenza utilizzate per controllare se corrispondono a quel range nocivo di radiazioni ionizzanti. La rete 5G è suddivisa in tre bande di frequenza al variare dell’area di copertura: bassa da 694 e 790 MHz, media da 2,5-3,7 GHz e alta da 25-39 GHz. Da un semplice confronto con lo spettro elettromagnetico si nota immediatamente che siamo nell’intervallo delle onde radio: nulla di particolarmente allarmante quindi, considerando che radio, televisioni ma anche le reti wireless funzionano con lo stesso tipo di radiazioni. Queste non presentano un’energia sufficiente da modificare direttamente gli elementi che costituiscono gli esseri viventi.

Sia chiaro a questo punto che chi diffonde notizie contro l’uso del 5G tramite Internet sta già peccando di mancanza di coerenza.
Va precisato, però, che esiste effettivamente un fenomeno definito ‘elettrosmog’ riguardante l’indagine dei danni dovuti a tipi di radiazione non ionizzante, che sono stati dimostrati in condizioni di forte intensità; anche se, escludendo gli incidenti sul lavoro, per ora nessuno è mai stato sottoposto ad emissioni così elevate. Questi studi per ora non hanno portato a risultati così chiari ed evidenti, per cui si è scelta una strada precauzionale e nel febbraio 2000 l’ORNI (Organizzazione sulla protezione da Radiazioni Non Ionizzanti) ha imposto dei limiti massimi per l’esposizione a breve termine delle persone, rivolgendosi con tale legge principalmente ai grandi impianti elettrici. In casi limite come questi ultimi, gli effetti causati sono, per le radiazioni a più bassa frequenza, disfunzioni a livello delle cellule nervose o muscolari e in rari casi – anche se non c’è una certezza – rischio di leucemia infantile, mentre per le alte frequenze gli effetti sono principalmente di tipo termico, associati quindi all’aumento della temperatura corporea. Per fare un esempio concreto, una chiamata di diversi minuti al cellulare va a influenzare la temperatura dei tessuti ma solo nella zona della testa intorno all’orecchio e solo di qualche frazione di grado. In pratica, ci si riscalda molto di più prendendo il sole al mare.

Insomma, il progresso tecnologico ci ha messo a disposizione sempre più mezzi e strumenti in vari ambiti e a vari livelli, soprattutto a livello medico, aziendale e di ricerca, ma questo vuol dire sottoporre la società a un numero di radiazioni sempre maggiore che, se non controllato, potrebbe avere conseguenze spiacevoli sul lungo termine. Nonostante ciò, come si è visto, esistono studi anche nel senso opposto ed è a quelli che bisogna fare riferimento quando si parla di danni alla salute dell’uomo, senza credere a tutto ciò che si legge in giro che non si basi su evidenza di tipo scientifico, perciò logisticamente non attendibile.
C’è quindi da prestare attenzione alle radiazioni, giusto, ma anche alle reazioni.


Fonti:
AA.VV., L’elettrosmog nell’ambiente, Ufficio federale dell’ambiente UFAM, 2005, p. 56
Diana Restrepo, Salud mental de los cardiólogos intervencionistas: Estrés ocupacional y consecuencias mentales de la exposición a radiación ionizanteMental health of interventionist cardiologists: Occupational stress and consequences of exposure to ionising radiation, «Revista Colombiana de Cardiología», 2020 
Theodore S. Rappaport, Robert W. Heath, Jr., Robert C. Daniels e James N. Murdock, Millimeter Wave Wireless Communications, Prentice Hall, 2014

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