Quanto può un’opera d’arte coinvolgere il pubblico? Se la valutassimo attraverso parametri estetici (e soggettivi) all’interno di un museo, non riusciremmo di certo a quantificarlo. Se invece i parametri fossero ben altri e l’opera venisse resa pubblica, imponendosi quindi come elemento costitutivo di uno spazio urbano, la reazione generale degli avventori sarebbe nettamente diversa. L’arte site-specific risponde esattamente al secondo caso e, di fatto, sia in Europa sia in America, ha avuto la sua ragion d’essere in termini di coinvolgimento.
Nell’ambito dell’arte pubblica, in particolar modo quella site-specific, il pubblico assume un ruolo centrale in quanto non si limita a essere spettatore ma diventa parte attiva. Alcuni progetti di arte pubblica a cura di grandi artisti hanno innescato delle reazioni inaspettate e decisive da parte del pubblico, della comunità, come dimostra l’opera che è divenuta l’emblema del rinnovato e complesso rapporto tra artista e pubblico: Tilted Arc (in copertina Richard Serra, Tilted Arc, 1979-1999).
Nel 1981 l’artista statunitense Richard Serra realizzò per la Federal Plaza di New York un’opera site-specific; il suo lavoro divenne parte integrante della piazza in questione ridefinendola strutturalmente e concettualmente. L’organizzazione della piazza stessa venne modificata profondamente in quanto l’arco (lungo 37 m, alto 3,7 m e dello spessore di 6,7 cm) attraversava l’intero sito. L’opera era stata commissionata all’artista nel 1979, esattamente venti anni dopo Richard Serra fu costretto a distruggerla in seguito a una profonda reazione della comunità del luogo. Le accuse mosse contro Tilted Arc furono molteplici e non solo di carattere estetico o artistico: tra gli oppositori c’era chi sosteneva che l’opera fosse psicologicamente oppressiva e un esperto della sicurezza sottolineò come tale scultura impedisse la sorveglianza totale della piazza favorendo graffiti e azioni vandaliche.
Le udienze del 1985 etichettarono Tilted Arc «as an arrogant and highly inappropriate assertion of a private self on public grounds»[1]. La rimozione dell’opera è diventata, negli anni successivi, il simbolo di una reazione collettiva per il recupero di spazio pubblico da parte di una comunità che fino a quel momento non era mai stata così unita.
Un altro caso singolare è quello a opera, o per meglio dire non-opera, di Daniel Buren a Weimar. Un testo su tale intervento artistico ha come titolo La Piazza mai costruita – un fallimento di successo, in riferimento al progetto dell’artista per la Rollplatz della città tedesca.
In occasione della nomina di Weimar come Capitale della Cultura Europea per l’anno 1999, fu invitato nella cittadina tedesca Daniel Buren per la realizzazione di un’installazione in una piazza a sua scelta. L’artista francese scelse Rollplatz, un parcheggio a cielo aperto che avrebbe voluto trasformare in una piazza all’italiana, un luogo di incontro non per auto ma per cittadini. Il progetto di Buren sarebbe stato inaugurato in occasione della grande manifestazione temporanea, ma avrebbe assunto un carattere permanente che avrebbe modificato per sempre l’assetto urbanistico, estetico e concettuale della città.
Organizzando una riunione a cui era stata invitata tutta la cittadinanza di Weimar, Buren espose il suo progetto pubblicamente con l’intento di arricchirlo attraverso le considerazioni o le obiezioni che avrebbero manifestato gli abitanti. La partecipazione fu alta soprattutto perché molti dei partecipanti erano già venuti a conoscenza del progetto dell’artista attraverso la pubblicazione di un render non autorizzato su un giornale locale. Naturalmente le reazioni e le prese di posizione furono varie e ci furono numerose obiezioni sia per la viabilità che per aspetti tecnici. La partecipazione continuò a essere elevata: si formarono due schieramenti ben distinti tra i favorevoli e i contrari. Il fervore culturale della città si manifestava in maniera costruttiva e creativa. Ad esempio:
I sostenitori del progetto rivelarono invece una vivace creatività. Durante alcune sedute del Consiglio Comunale riuscirono a sgombrare il Rollplatz dalle macchine parcheggiate e organizzarono delle performance in cui veniva simulata l’installazione delle steli, posizionando persone di diversa altezza nell’assetto della griglia progettata da Buren: nel centro i bambini e nella periferia gli uomini più alti con i figli sulle spalle.[2]

L’ampio dibattito attorno all’opera si concluse con la proposta di realizzare lo stesso progetto in un’altra piazza, offerta che venne rifiutata da Buren, mentre Rollplatz mantenne il suo ruolo di parcheggio automobilistico. Le reazioni intorno all’opera di Buren continuarono e, nella notte tra il 31 dicembre 1998 e il 1 gennaio 1999, un gruppo di cittadini piantò, forando il manto stradale della piazza in questione, 200 alberi di Natale; inoltre, nell’estate del 1999, fu organizzata una piccola festa in piazza durante la quale venne presentato un disegno parietale rappresentante Rollplatz con l’installazione di Buren dal titolo Questo sarebbe stato il vostro premio.
Sia Piazza che Tilted Arc non rappresentano un successo in termini materiali, formali e tangibili per l’arte pubblica; nessuna delle due opere esiste a New York come a Weimar. Quello che accomuna questi lavori di due dei più grandi artisti contemporanei nel campo dell’arte site-specific è il risultato ottenuto in termini di reazione e coinvolgimento sociale.
Fonti:
[1]M. Kwon, One place after another. Site-specific Art and Locational Identity, MIT Massachusetts Institute of Technology, Cambridge 2002
[2]Julia Draganovic (a cura di), La Piazza mai costruita – un fallimento di successo, in E. Cristallini (a cura di) L’arte fuori dal museo. Saggi e interviste, Gangemi editore, 2008
Suzanne Lacy (edited by), Mapping the terrain. New Genre Public Art, Bay Press, 1994
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