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L’invenzione dei social network e l’utilizzo ormai vitale di Internet ha permesso di accorciare distanze e abbattere barriere, arrivando a confondere reale e immaginario, fisico e virtuale, laddove tutto è immediato e l’unica barriera tangibile è lo schermo. Ma siamo davvero sicuri che così facendo non si siano creati nuovi limiti?

Il mondo è in continuo cambiamento. Sia lui che noi non possiamo mai restare fermi.

Mentre il pianeta gira, l’uomo si affanna per superare i propri limiti senza fine. Così è stato dalla notte dei tempi, da quando il limite imposto dalla ricerca nomade di cibo ha spinto l’uomo a inventare l’agricoltura per potersi fermare e creare città. O ancora, ha creato dei quadratini di lettere per superare il limite della scrittura a mano e renderla più veloce, così che il testo scritto potesse viaggiare più velocemente e più lontano.
E così oggi sono spariti il limite dello spazio e del tempo. Anche la pandemia globale di Covid19 lo ha dimostrato: per tante persone non è più stato obbligatorio recarsi al posto di lavoro per una riunione e si sono trovate vie alternative per festeggiare insieme, bersi una birra e fare delle chiacchiere senza bisogno di entrare in un bar. Così anche le piazze oggi, non sono più solo quelle fatte di ciottoli e pietre, ma anche quelle che spiccano sullo schermo di un telefonino o un computer.
La tecnologia ci ha permesso di rendere vicina a noi la persona più lontana, di instaurare relazioni con chi è dall’altro capo del mondo. Ma siamo sicuri che tutto questo sia una conquista e non anche una perdita? Forse abbiamo superato un limite o ne abbiamo costruiti altri.

L’essere umano di oggi si è abituato ad uno stile di vita agiato, estremamente comodo, dove con due giochi con le dita si può avere la pizza sotto casa; qualsiasi cosa o persona è a portata di click. Questo aspetto ha portato la nostra vita ad essere accelerata, in un’ottica di ipermodernità che condiziona ogni aspetto, creando un’astrazione di tutto ciò che ci circonda. Internet ha dato origine ad un enorme cervello, pieno di un quantitativo incalcolabile di informazioni, che diviene globale, scollegato dagli individui. Tutto è veloce, flusso continuo, perdendo il senso della qualità. Qualità che va dagli ambienti lavorativi a quelli personali e relazionali. Anche il tempo perde il suo significato, poiché ognuno ha bisogno di essere istantaneo; si è perso il concetto di attesa. Basti pensare al tempo dedicato a un aperitivo: non stiamo dedicando mai noi stessi completamente a quel momento, poiché nel mentre possiamo rispondere a un messaggio di chi è a chilometri da noi, inviare una mail, persino candidarci per un lavoro o consegnare quei documenti che ci siamo ricordati di dover inviare.

Viviamo costantemente in due realtà, in una fisica e in un’altra che Roger Silverstone denomina mediapolis. Quest’ultima non annulla la prima, ma si sviluppa intrecciandosi all’esperienza empirica. Ormai si è persa pure la differenza tra questi due livelli di vita, di esperienza. Quante volte in una conversazione capita di citare quello che qualcuno ha pubblicato o la sua ultima story di Instagram? Questi aspetti della vita di un individuo non riguardano più solo il mondo virtuale, entrano a far parte di noi in un tutt’uno.

Abbiamo quindi superato il limite dello spazio e del tempo grazie ai social, almeno in teoria. Sicuramente abbiamo superato il limite della privacy, considerando che siamo in una costante vetrina e le luci di quel negozio non si spengono mai e mai lo faranno. Bisogna ricordarselo bene: Internet non dimentica. Ogni giorno diamo in mano alla rete infinite quantità di informazioni nostre che ci rendono alla mercé di chiunque, soprattutto di aziende che ci sfruttano, a nostra insaputa e a loro vantaggio. Dalle pettegole di paese che ledevano il privato di una persona, oggi siamo arrivati a un livello decisamente più avanzato. Ma in questo caso, forse, sarebbe stato meglio non oltrepassare questo limite. Le relazioni umane soprattutto hanno davvero beneficiato di tutto ciò? Sicuramente diviene più semplice e agevole mantenere rapporti anche con grandi distanze fisiche, ma sappiamo ancora guardare negli occhi una persona e stringergli la mano? Ci sentiamo davvero meno soli e più connessi, seppur a distanza di chilometri?

In questo contesto iperconnesso, la realtà è che la solitudine si fa sempre più sentire, con una forte carenza di rapporti umani di valore, autentici, e un eccesso di relazioni distaccate, prive del contatto fisico, che è una parte fondamentale delle relazioni umane.

L’Università della Pennsylvania (Usa) ha infatti dichiarato di aver rilevato un legame tra la quantità di tempo speso sui social e l’aumento di depressione e solitudine. Negli ultimi anni addirittura si parla di una patologia propria dei social, la FOMO, o fear of missing out, che consiste nella costante paura di perdersi un post su un social, una story di un personaggio famoso, al punto che la prima azione svolta al mattina e l’ultima prima del sonno è proprio controllare i propri profili social. In molti, guardando a se stessi, possono riconoscere questa abitudine malsana. Quindi, nonostante i social nascano proprio per essere più connessi e andare ad alleviare la solitudine, alla fine tendono a creare una situazione inversa, dove la solitudine non è più quella dell’era pre-social ma è costante, facendoci sentire privi di qualcosa in ogni momento.

Un altro aspetto sul quale è interessante porre l’attenzione, a proposito di social network, è la capacità formidabile degli individui odierni ad ‘attaccare bottone’ con estrema facilità attraverso i DM di Instagram o Messenger. Basta un attimo, un click ed è fatta e c’è tutto il tempo del mondo per riflettere su come presentarsi, evitando le favolose figuracce alla Chandler Bing. Tutto più immediato, ma è anche autentico?
Sembra diventato più facile fare un post sullo spotted dell’università invece che fermare la persona che passa e rivolgerle la parola con una qualsiasi scusa.
L’essere umano è da sempre un animale sociale, ma sta forse diventando anche – o solo – virtuale. Se questo sia in effetti un vantaggio o uno svantaggio, non lo si è ancora afferrato.

Il limite dello spazio non esiste più, il limite del tempo neppure. La profonda connettività che ci circonda sta arrivando a confondere reale e immaginario, fisico e virtuale. Tutto è immediato e per sempre.

Ma questi limiti – apparentemente invalicabili, ma già oltrepassati – sono solo una grande conquista? Siamo ancora in grado di rapportarci tra di noi liberamente senza la mediazione di uno schermo?

A voi l’ardua sentenza.


Fonti:
Roberto Nicoletti e Rino Rumiati, I processi cognitivi, Il Mulino 2006
Vanni Codeluppi, Ipermondo, Editori Laterza 2012
https://distilgovhealth.com/2019/01/09/the-fomo-is-real-how-social-media-increases-depression-and-loneliness/

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